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(E)lezioni dalla Grecia

Un capolavoro politico. È così che la stampa europea definisce la seconda vittoria elettorale consecutiva di Tsipras, che è riuscito mantenere le redini del governo nonostante la spaccatura interna al suo partito e nonostante i primi otto mesi di mandato non abbiano portato i risultati sperati. Credo che i dati di maggiore interesse sugli esiti del voto greco siano essenzialmente tre:

(i) Syriza ha conquistato la stessa maggioranza relativa (un solo seggio in meno) della scorsa tornata elettorale, fattore che rafforza in modo evidente la politica europea di Tsipras. Al contrario il nuovo partito Unità Popolare, nato dalla scissione della fronda massimalista di Syriza e guidato da Lafazanis e dal partigiano Glezos, non ha nemmeno superato lo sbarramento del 3%. Da non sottovalutare sono inoltre i 18 seggi di Alba Dorata che, nonostante gli scandali politici che hanno condotto alle dimissioni della vecchia classe dirigente, potrebbe aver addirittura giovato dal braccio di ferro dei mesi scorsi tra i creditori e Syriza. Il forte aumento del numero di astenuti (passato dal 36% al 45% circa), unito alla lieve crescita di Nea Demokratia e del Pasok, fanno sembrare infine plausibile che Syriza abbia perso il voto di una parte non banale dell’elettorato moderato (le percentuali sono pressoché simili, ma se rapportate al totale dei votanti Syriza ha perso circa il 4% tra una tornata e l’altra).

(ii) Syriza è diventata a tutti gli effetti un partito di governo, per l’esattezza il primo partito, e la frattura con l’ala antieuropeista, la continua revisione al ribasso delle proprie istanze progressiste e l’accordo di governo con la destra indipendente di Anel hanno mutato profondamente l’assetto politico del partito. Nata dalla commistione tra sinistra extraparlamentare e movimenti anarchici, e diventata celebre grazie alla sua concreta vicinanza al popolo greco nel periodo più acuto della crisi, oggi Syriza si trova a fare i conti con la necessità di dare una forma definitiva ad un progetto politico che ha esaurito forse per sempre la sua propulsione innovativa. Credo sia estremamente positivo che Tsipras, appena arrivato il dato definitivo del voto, abbia menzionato la priorità della ristrutturazione del debito, ma i toni sono stati decisamente diversi dalla “grande conferenza sul debito europeo” evocata lo scorso inverno.

(iii) C’è ancora una buona maggioranza di popolazione che vuole cambiare le regole del gioco europeo dall’interno. Il blocco dei capitali, le minacce – peraltro nemmeno troppo velate – di un’espulsione dall’Eurozona e l’inevitabile difficoltà di gestire l’incertezza del “che fare?” sembra che spaventino ancora di più dello stato attuale delle cose, che comunque rimane pur sempre tutt’altro che invidiabile.

Da Bruxelles hanno minimizzato senza troppi convenevoli e senza le telefonate post-elettorali di rito i risultati del voto greco, sottolineando con nettezza che adesso Syriza non ha più alibi. Fatta fuori l’ala oltranzista dello schieramento e ottenuto un secondo forte mandato elettorale, il governo deve ora prendere una posizione definitiva sulla riforma del settore del credito ma soprattutto sull’aumento dell’età pensionabile e sulla privatizzazione dei porti del Pireo e di Salonicco. Proprio questi due ultimi punti, su cui Syriza aveva dichiarato di non essere disposta a cedere all’inizio del suo percorso di governo, sono diventati il dazio da pagare per ottenere i fondi del terzo prestito europeo (funzionale alla rimozione del blocco sui capitali e alla ripresa delle attività bancarie e creditizie ordinarie) e per essere inclusi nel QE della Banca Centrale Europea.

Un corollario di quanto detto fino ad ora, e constatarlo non mi risulta indolore, è che in questa Europa non c’è spazio per la sinistra e, quando si apre qualche sentiero, o la sinistra si offre da sola la cicuta oppure è diventata talmente tanto abituata a vedere governare la destra che non sa più fare la sinistra (il lettore avveduto non me ne voglia per i toni un po’ naif). Lo vediamo tanto sui temi dell’immigrazione che su quelli del lavoro, su quelli della politica economica come su quelli commerciali. La storia greca è una macroscopica declinazione contingente di una tendenza molto più ampia.

Una parziale nota di consolazione sembra venire dal progressivo successo che Podemos, Sinn Fèin e il Labour Party made in Corbyn stanno riscontrando in casa propria. Sono in molti a ritenere infatti che se le elezioni spagnole e irlandesi decretassero la vittoria della sinistra il potere negoziale del GUE/NGL potrebbe crescere fino a portare ad una revisione delle politiche di austerità. Tuttavia fino ad ora, eccezion fatta di qualche foto e qualche scambio di tweet tra Tsipras e Iglesias, di questa alleanza delle sinistre europee non sembra esserci ancora nessuna traccia.

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