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Genny, la camorra e i giornalisti pigri

“E che saranno state? Le cinque del mattino, stavamo nel basso giocando a tombola con quattro amici… quando entra nu muccusiell gridando hanno accis a Genny”, dice uno. “Stiamo parlando di un ragazzo ucciso a 17 anni, era ancora un bambino, è una vittima di una guerra assurda. Ed è vittima innocente perché è nato qui, alla Sanità, in un quartiere dove manca tutto”, protesta un’altra. “Siamo stremati. Hanno dovuto ammazzare un ragazzino per avere tutta questa attenzione”, geme una ragazza. “Genny era un bravo ragazzo e deve tornare alla Sanità dove è cresciuto e dove è morto: in questa piazza si devono fare i funerali”, grida la famiglia. “Genny era innocente, vogliamo giustizia”, urlano tutti, con l’immancabile Alex Zanotelli in testa.

E poi tanti bei contorni di colore. Gli amici di Genny che recitano il Padre Nostro mentre impiantano un ulivo per il morto. Le fiaccole tenute in prima fila dai bambini. La mamma che ha fatto laureare tre figli (perché l’altra Napoli c’è, non preoccupatevi). Il corteo che si spezza in due tronconi, da una parte le mamme che dicono “no alla camorra”, dall’altra i ragazzi che si limitano al “Genny vive”. Comunque tutti uniti a prendersela con “le istituzioni che ci lasciano soli”, “lo Stato che manca”, con annessi asili-nido, scuole e quantaltro. E infine la descrizione delle “stese”, i simpatici cortei in moto a pistole spianate, che ormai nei quartieri napoletani sono come delle quotidiane feste di Piedigrotta.

Così i giornali napoletani, che fanno anche a gara a piazzare il titolo più intelligente (tutti uguali: “Il grido della piazza”; “Un grido squarcia la Sanità”; “L’urlo della Sanità”. Quando si dice la genialità partenopea…), ma non hanno nelle redazioni uno, un solo giornalista degno di questo nome che incalzi i signori della tombola: “Scusate, alle 5 di mattina… ma di che stiamo parlando, chi volete prendere in giro?”. O che domandi ai familiari di Genny: “Sentite, ma “il ragazzino” di 17 anni in “regime di prova”, che ci faceva alle 4.30 di mattina fuori casa?”. O che li interroghi sul “percorso di recupero” di Genny, arrestato qualche anno fa per tentata rapina e resistenza a pubblico ufficiale. Lo stava realizzando? Da quando non faceva più il volontariato prescritto? Era iscritto a scuola oppure no? Insomma domande normali, che potrebbero servire a comporre un quadro reale di quello che accade, e – chissà – finanche ad avviare pian piano un racconto nuovo della città, depurato di banalità e luoghi comuni, vittimismi e oleografie.

Leggi il commento completo su claudiovelardi.com

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