Gli esodi biblici, che chiamiamo immigrazione, pongono alla nostra attenzione una doppia sfida: del ripensamento del principio di umanità e della capacità di rifondare la politica e l’arte del governo dei fenomeni storici.
L’evidenza di questo tempo è chiara: non parliamo più di popoli ma di masse e di numeri. E non sembriamo avere la più pallida idea di come i fenomeni degli esodi biblici riconfigureranno la nostra convivenza e i nostri Stati, blindati in confini che già la finanza ha contribuito a cancellare.
In tutto questo la politica balbetta, l’Europa fa finta di preoccuparsi, lasciando che il senso di umanità faccia capolino fra il dominio dei tecnocrati e le sempre più pressanti esigenze economiche di un continente invecchiato, stanco e senza visione strategica.
Il principio di umanità sembra morire nel Mediterraneo ma il problema è ben più ampio di ciò che ci mostrano gli organi dell’informazione ufficiale; noi ci limitiamo a dire che il “meticciato” è la condizione naturale delle nostre società e che la nostra identità non è un dato fisso e immutabile ma il processo di riconoscimento di noi nei mondi che cambiano.
E’ bene che ciascuno di noi, e chi si candida a governare, riaccenda la luce della ragione e della responsabilità; ne va del nostro stesso futuro che, pur se non lo comprendiamo, già ci percorre.