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Tutti gli scontri Obama-Merkel (non solo su Wolkswagen)

Tra gli Usa e la Germania c’è un ampio ventaglio di attriti che fa da sfondo allo sconquasso seguito alla scoperta che addirittura i gas di scarico di milioni di Wolkswagen vendute in America non rispettano i limiti alle emissioni nocive. Il contenzioso riguarda lo sbilancio commerciale, il quadro geopolitico nelle relazioni con la Russia, l’atteggiamento assai poco accomodante con la Grecia nell’affrontare la questione degli aiuti finanziari, che ha messo in subbuglio i mercati per mesi interi, il contributo negativo recato dalla Germania ad una crescita globale bilanciata.

IL DOSSIER COMMERCIALE

La questione dell’equilibrio delle partite correnti è fondamentale per l’economia americana. Se il deficit strutturale degli anni precedenti alla crisi è stato dimezzato, avvicinandosi ora al 2% del Pnl, la svalutazione dell’euro determinata dal Qe della Bce ne ha determinato un nuovo peggioramento. L’US Census Bureau, nel presentare gli andamenti del mese di luglio scorso, ha lanciato con grande enfasi due warning: le importazioni americane di auto sono al livello più alto mai registrato; il deficit commerciale con la UE non è mai stato così pesante.

L’IMPORT DI AUTO

Se l’incrocio di questi due fenomeni porta immediatamente a pensare ai fabbricanti tedeschi di auto, il sospetto si fa più pesante quando si controlla la lista dei Paesi da cui proviene l’import americano di automobili, al cui vertice spicca il Messico. Qui ci sono impianti della Wolkswagen, a Puebla, Querétaro e Silao. La BMW ha due fabbriche, a Lerma e Toluca, con nuovi investimenti per un miliardo di dollari effettuati lo scorso anno. La Mercedes, che già produce ad Aguascalientes, ha appena concluso accordi con Nissan e con Renault-Nissan per aumentare la produzione di auto di lusso e per lanciare un modello di nuova generazione nella categoria premium compact. Il mercato americano fa davvero gola, e nessuno si vuole fare sfuggire l’occasione per aggredirlo, con i tedeschi in prima fila.

LE QUESTIONI ENERGETICHE

Nei confronti della Germania, c’è dell’altro: sin dal 12 settembre del 2014, nell’ambito delle sanzioni commerciali e finanziarie adottate contro la Russia per via dell’annessione della Crimea in violazione del diritto internazionale, il dipartimento di Stato americano ha inserito tre aziende energetiche, Gazprom Neft, Transneft e LuKoil, impedendo l’acquisto di titoli di debito a medio termine da queste emesse. Inoltre, ha imposto l’embargo sull’export di sistemi di perforazione in acque profonde e nel ghiaccio artico precisando che, mentre queste sanzioni non hanno come obiettivo, né interferiscono con la fornitura attuale di energia dalla Russia, o impediscono alle compagnie russe di vendere petrolio e gas a qualsiasi Paese, rendono difficile alla Russia lo sviluppo a lungo termine ed i progetti tecnologicamente sfidanti.

IL NODO SOUTH STREAM

Come se non fosse stata abbastanza chiara la preoccupazione americana per una sempre maggiore dipendenza europea dalle forniture energetiche russe, con una mai larvata opposizione nei confronti del progetto South Stream, addirittura accompagnata mesi fa dalla prospettiva a medio termine di fornire all’Europa quote di shale gas estratto negli Usa, nei primi giorni di questo settembre, la Germania ha annunciato di aver stipulato l’accordo tra E.ON, Basf e Gazprom per raddoppiare il gasdotto North Stream. Il raddoppio di questa infrastruttura, che oggi è in grado di portare ogni anno in Germania fino a 55 miliardi di metri cubi di gas, aggiungerà un flusso in grado di sostituire ampiamente il South Stream. Dopo le tante difficoltà frapposte dalla Unione europea, il gasdotto era rielaborato seguendo un percorso alternativo che non approdava più in Bulgaria per rifornire i Balcani e ridenominato Turkish Stream, con una capacità di 63 miliardi di metri cubi l’anno, di cui 14 miliardi destinati al mercato turco.

LE SINTONIE GERMANIA-RUSSIA

In questo modo, la Germania sostituisce l’Ucraina nel suo ruolo di hub meridionale del gas: mette le mani sul rubinetto e raddoppia comunque la dipendenza europea dalla Russia. Mosca, a sua volta, ha una serie di vantaggi: supera d’un balzo le ostilità incontrate nei precedenti tentativi di raddoppiare le forniture all’Europa; bypassa la prospettiva del ritorno dell’Iran sul mercato dei grandi produttori mondiali di petrolio; si smarca dalla necessità di fare ponte con la Turchia per realizzare il gasdotto che aumenta le forniture all’Europa, dfficilmente conciliabile con le posizioni diametralmente opposte assunte sulla crisi siriana. I vantaggi economici e geopolitici per la Germania e la Russia sono palesi, a detrimento degli USA.

LA QUESTIONE GRECIA

Non va dimenticato l’atteggiamento tenuto dalla Germania nei confronti del governo greco, che ha provocato instabilità sui mercati finanziari nel corso di tutto l’inverno, e l’opposizione alla ristrutturazione del debito, caldeggiata dallo stesso FMI. Rimane un onere enorme per Atene: ma è così che la Germania la tiene sotto scacco. La instabilità finanziaria è diventata per Berlino uno strumento di pressione politica: una minaccia, di per sé assai sgradevole, che gli Usa hanno più volte fatto presente di non gradire affatto. Ormai è la regola: per sbloccare ogni dossier internazionale, il Presidente americano Barak Obama deve telefonare alla Cancelliera tedesca Angela Merkel.

Infine, c’è la questione più generale della politica economica tedesca. Gli Usa hanno più volte sollecitato la Germania ad adottare politiche espansive all’interno, per non perseguire solo attraverso l’export l’obiettivo del pieno impiego. Non solo Berlino ha approfittato dell’impulso determinato dal deficit federale americano e dal sostegno della Fed, ma ora beneficia della svalutazione dell’euro, senza mai pareggiare i conti: nè con gli Usa, né con gli altri Paesi, aumentando gli investimenti ed i consumi interni. Esporta deflazione ed accumula attività finanziarie sull’estero.

Non sono solo i gas di scarico delle Wolkswagen ad inquinare l’atmosfera americana. Vale anche per Berlino: il troppo stroppia.



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