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Non solo Google, ecco tutti i dossier aperti sul tavolo della Vestager

Nei giorni scorsi Google ha rimandato al mittente le accuse della Commissione europea di un possibile abuso di posizione dominante nella ricerca Internet. Le obiezioni Antitrust sono “erronee” per il colosso americano: non ci sarebbe alcun comportamento anti-concorrenziale nel servizio di acquisti comparativi Google Shopping. L’azienda ha risposto con un documento di 150 pagine nel quale si confutano punto per punto le accuse dalla Ue e si attaccano i rimedi proposti. Il dossier ritorna sul tavolo del commissario Margrethe Vestager.

LA FURIBONDA BATTAGLIA DELL’UE

Non è certo l’unico fascicolo che l’ufficio Antitrust europeo debba esaminare, né contro Google né contro altri colossi dell’hitech (americani). I media statunitensi dedicano molto spazio a quelle che sono vissute come “crociate” un po’ protezionistiche (anche Barack Obama se ne è lamentato) dell’Europa contro le aziende tecnologiche a stelle e strisce.

Anche Politico.eu attacca: “La moderna tecnologia sta trasformando la vita così come l’abbiamo conosciuta finora, ma i regolatori europei stanno provando furiosamente a attutire il colpo proteggendo consumatori e aziende del continente”. La Commissione ha una dozzina di dossier aperti che riguardano il settore tecnologico e colossi come Google, Amazon e Apple: questo comporta anche un forte investimento di risorse, circa 70 avvocati, secondo il sito.

GOOGLE TRA POSIZIONE DOMINANTE E OBLIO

Google, colosso per eccellenza, con miliardi di utenti dei servizi di ricerca Internet, Gmail, mappe e del sistema operativo mobile Android, il più diffuso al mondo, è il target designato per qualunque organo antitrust. Ad aprile il commissario europeo alla Concorrenza Margrethe Vestager ha formalmente accusato Mountain View di abuso della sua posizione dominante nelle ricerche su Internet: nel mirino, come abbiamo visto, le ricerche sui siti di shopping. Google favorirebbe nei risultati della search i propri servizi di shopping contro gli altri, come hanno sostenuto i siti Ciao, Foundem, Twenga e altri. L’indagine Ue su Google come motore di ricerca è iniziata nel 2010 stimolata anche dagli esposti di rivali nella ricerca come Microsoft (che gestisce il motore Bing) e di gruppi dei media e delle Tlc, tra cui Deutsche Telekom.

La Commissione europea sta indagando ufficialmente anche sul sistema operativo mobile Android per capire fino a che punto Google “costringa” i produttori di cellulari a favorire i propri servizi e le proprie applicazioni, installandoli di default. La Commissione sta valutando inoltre le accuse di concorrenti di Google su come Big G tratta i dati dei suoi inserzionisti, su come aggrega i commenti dei consumatori da altri siti e come promuove i suoi servizi, per esempio Google Maps, tramite il motore di ricerca.

C’è un altro dossier che riguarda Google, naturalmente, oltre l’antitrust: quello sul diritto all’oblio. Come noto, la Corte di giustizia europea ha stabilito a maggio 2014 che i cittadini dell’Ue hanno il diritto di chiedere la rimozione dei risultati di ricerca che propongono dati non più aggiornati o non corretti. Da allora è braccio di ferro tra Ue e Google: la prima chiede di applicare la sentenza su scala globale, la seconda sostiene che la regola vale solo in Europa e che nel resto del mondo quei link devono restare. Così quel che è dimenticato su google.it è ancora ricordato su google.com.

AMAZON, E-BOOK E TASSE

La Commissione europea ha aperto un’indagine su Amazon a giugno per valutare se abbia usato la sua posizione dominante nel mercato europeo degli e-book rendendo più difficile per i rivali vendere a prezzi inferiori. La Commissione vuole verificare se l’obbligo imposto da Amazon agli editori di informare e eventualmente di offrire al gruppo statunitense termini uguali o migliori di quelli offerti ai distributori digitali concorrenti sia contrario alle norme antitrust.

Simili clausole per il diritto al miglior trattamento sono state già considerate illegali da Bruxelles in un’indagine condotta su Booking.com, il leader per le prenotazioni online di hotel, che costringeva gli albergatori a offrire alla sua piattaforma uguali o migliori condizioni rispetto ai concorrenti. La parent company Priceline ha patteggiato con le autorità di Francia, Italia e Spagna promettendo di ridurre l’applicazione di tale clausola, ma in Germania il caso non è chiuso perché le autorità vogliono non la riduzione ma la cancellazione totale della clausola.

Amazon è sotto la lente anche per questioni fiscali. L’Antitrust Ue ha pubblicato a gennaio i risultati preliminari di una sua indagine aperta a ottobre 2014 suggerendo che l’accordo fiscale tra Amazon e il Lussemburgo si può classificare come indebito aiuto di Stato che ha permesso all’azienda di pagare meno tasse a danno dei concorrenti. L’Ue non ha per ora preso provvedimenti; una decisione era attesa in primavera ma a maggio è stata rimandata a data da destinarsi; intanto però a maggio Amazon ha annunciato una modifica nella sua struttura fiscale: d’ora in poi pagherà le tasse nei singoli paesi in cui vende e non accorperà i fatturati in Lussemburgo, come faceva prima.

APPLE E IL SERVIZIO MUSICALE

Per Apple i guai Antitrust relativi al suo nuovo servizio di streaming musicale si sono risolti rapidamente: ad aprile la Commissione aveva spedito dei questionari alle società discografiche attive in Europa e ai servizi di music streaming rivali di Apple Music per capire se la Mela avesse stretto accordi illeciti con le etichette a danno dei concorrenti come Spotify e Deezer. Apple è stata però scagionata perché non è emersa alcuna prova di collusione con le major.

Sulla possibile elusione fiscale di Apple, invece, l’Antitrust europeo sta ancora indagando, da giugno 2014: la Mela potrebbe aver ottenuto trattamento preferenziale in Irlanda per pagare pochissime tasse.

Gli accordi fiscali di favore sono uno dei temi caldi sul tavolo della Vestager: sotto la lente i “tax ruling” tra paesi come Lussemburgo, Olanda, Irlanda e Belgio e una sfilza di aziende tra cui anche Skype di Microsoft e Vodafone.

QUALCOMM E IL SOSPETTO DEL DUMPING

Due indagini Antitrust per possibile abuso di posizione dominante hanno colpito il colosso americano dei chip Qualcomm: la prima indagine valuterà se Qualcomm, leader di mercato nei chip usati negli smartphone, nei tablet e in altri device mobili, abbia offerto incentivi finanziari ai clienti a condizione che acquistassero esclusivamente o quasi esclusivamente da Qualcomm. La seconda valuterà invece se Qualcomm abbia sfruttato la pratica del cosiddetto “predatory pricing”, cioè venduto i suoi chip a prezzi sottocosto per tagliare fuori i concorrenti dal mercato. A inizio anno Qualcomm si è accordata con le autorità cinesi per chiudere un’indagine del governo, durata 14 mesi, su possibili pratiche anti-concorrenziali, pagando 975 milioni di dollari.

SKY TV E IL GEOBLOCKING

L’Antitrust europeo ha avviato un’indagine formale anche su Sky Uk e le major del cinema americane (Disney, Paramount, Sony, Twentieth Century Fox, NBCUniversal e WarnerBros) per capire se alcuni operatori online stanno infrangendo la legge del mercato unico europeo rifiutandosi di vendere in alcuni mercati nazionali o reindirizzando gli utenti a siti web specifici in base al Paese (secondo la pratica del geoblocking, che impedisce ai possessori di un abbonamento Pay-tv, con annesso servizio streaming, di accedere al servizio oltre i confini della propria nazione).

L’indagine su Sky Uk non è l’unica in materia: la Commissione sta analizzando gli accordi di licenza tra gli studi cinematografici e altre emittenti europee (Canal Plus Francia, Sky Italia, DTS Spagna, Sky Deutschland). Le indagini Ue hanno messo in allarme un intero settore: la vasta riforma del copyright in arrivo e gli attacchi alla pratica del geoblocking, che finanzia in gran parte l’industria del copyright, grazie alla vendita degli stessi prodotti più volte in diversi mercati e per diverse piattaforme, preoccupano le major Usa e l’intera industria creativa d’Europa.

Ma il mercato unico digitale è la priorità della Commissione e la Vestager è molto decisa a rimuovere ogni interesse precostituito e ogni ostacolo alla libera circolazione di beni e contenuti. Anche per questo l’Antitrust Ue ha acceso un faro sull’intero settore dell’e-commerce, con un’indagine che permetterà alla Commissione di individuare eventuali problemi di concorrenza e di identificare possibili barriere, erette dalle aziende, alla vendita online di prodotti e servizi su Internet.

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