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Il coniglio italiano rischia di sparire. Con lo zampino della Brambilla

Stretto tra dumping dei produttori esteri da un lato e vulgata animalista dall’altro, il settore cunicolo italiano rischia l’estinzione. Un drastico ridimensionamento lo si registra già nei numeri e se non si interviene subito con correttivi al mercato e sostegni alle aziende, il futuro sarà sempre più nero. Qualcosa però si sta muovendo, come testimonia la nascita un anno fa dell’Associazione Coniglio Italiano che riunisce circa 130 soci dell’intera filiera, dagli allevatori ai trasformatori passando per i mangimisti, facendo leva sull’aggregazione per risollevare un comparto in seria difficoltà.

L’AMARA FOTOGRAFIA DI COLDIRETTI

I dati parlano da soli. Coldiretti li ha presentati nel corso della Giornata del Coniglio tenutasi ad Expo a fine agosto: in 25 anni questi animali allevati sono quasi dimezzati, calati del 47%, passando dai 12,3 milioni del 1990 ai 6,5 del 2015, con in mezzo i 7,2 del 2010. Oggi gli allevamenti professionali sono 591 con 483mila fattrici e una media di 400/500mila conigli macellati a settimana registrati da Ismea.
Va da sé che i primi a risentire di una tale situazione siano i produttori, ai quali non bastano più i compensi che gli vengono riconosciuti. Con circa 1,50 euro ad animale contro un costo di produzione che supera i 2 euro, non solo non restano margini ma ci si rimette pure. E’ anche per questo che, come ipotizzato ad Expo, entro la fine dell’anno avrà chiuso il 10% di allevamenti di coniglio.
Tuttavia, nonostante un quadro a tinte fosche, l’Italia rimane il primo produttore europeo di conigli (con le regioni del Nord a fare la parte del leone) e sfida la Cina nel primato mondiale. Stupisce però scoprire che a fronte di una produzione che potrebbe soddisfare la domanda interna, il nostro Paese si trovi ogni anno a importare circa il 10% di conigli dall’estero.

L’OFFENSIVA DELLA BRAMBILLA

Sia Coldiretti che Associazione Coniglio Italiano hanno messo in campo una serie di iniziative per valorizzare la carne di coniglio italiana, certificandone la salubrità e i valori nutrizionali. Peccato che a mettere i bastoni tra le ruote ai coniglicoltori italiani, i quali contano 10mila addetti e un fatturato di 350 milioni di euro annui, ci abbia pensato un’alfiera degli animali come l’ex ministra berlusconiana Michela Vittoria Brambilla che ha tuonato contro l’Expo per avere ospitato questa iniziativa. “Altro che giornata del coniglio nel piatto – ha detto -, il coniglio dev’essere tutelato e rispettato come un animale da compagnia. Allora sì, varrebbe la pena dedicargli una giornata”.

LOTTA AL DUMPING

“Il coniglio italiano è aggredito da importazioni massicce e sottocosto di prodotto da Francia e Spagna, oltre che dalla Cina” è stato il grido lanciato da Zeno Roma, produttore friulano e presidente dell’Associazione Coniglio Italiano. “Per difenderci – ha spiegato – abbiamo scelto le strade dell’aggregazione di tutti i soggetti della filiera e della trasparenza: un marchio, l’indicazione dell’origine della materia prima e la tracciabilità dovranno apparire anche nelle etichette del coniglio”. Francesi, ungheresi e spagnoli attuano infatti politiche commerciali di dumping puntando sulla maggiore aggregazione e organizzazione presente nel loro settore: una volta soddisfatta la domanda interna, spediscono il surplus di produzione in Italia a prezzi molto bassi. In questo modo, danneggiano il mercato nostrano svilendo le produzioni interne che si trovano a dovere fare i conti con una concorrenza spietata sui prezzi.

Stando agli ultimi dati Ismea, nel primo semestre 2015 rispetto a quello precedente l’import di carne di coniglio in Italia è sì diminuito del 9,3% come quantità, aumentando però del 2,9% in termini di valore. Non è più la Francia il principale esportatore in Italia bensì l’Ungheria con i suoi 2 milioni di euro di valore di carne di coniglio spedita nei confini italiani, mentre l’export spagnolo ha subito un drastico ridimensionamento.

Dalla Coldiretti è il presidente nazionale Roberto Moncalvo a chiedere di difendere il settore “lavorando anche sulla trasparenza con la tracciabilità dell’origine”. Da qui la richiesta al governo, condivisa con l’Associazione Coniglio Italiano, di un marchio italiano come sigillo di qualità ben visibile in etichetta.

CONIGLIO E SOLIDARIETA’

Per iniziare la sua attività, l’Associazione Coniglio Italiano ha infine scelto la strada della solidarietà. Nelle settimane scorse è stato infatti stipulato un accordo con il Banco Alimentare così da assicurare l’approvvigionamento di carne di coniglio alle 8.700 strutture caritative rifornite dall’organizzazione, le quali a loro volta sostengono quasi 2 milioni di poveri in tutta Italia. Si parte proprio in questi giorni con la consegna dei primi 4.000 kg di carne coniglio italiano, per un totale di 16mila porzioni pari a 3.000 capi.


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