California, estate 2015: 24 squadre composte da umani e robot hanno affrontato insieme un disastro, districandosi tra le macerie e affrontando l’interruzione di ogni comunicazione. Si è svolta così la Darpa Robotics Challenge a Pomona, un concorso internazionale in cui i partecipanti e i loro robot devono completare un percorso di otto obiettivi relativi alla risposta a una catastrofe, simulata ovviamente! I robot devono guidare da soli, camminare tra le macerie, girare valvole e salire scale. Dell’interazione uomo-robot e di come fermare un’eventuale “rivolta” degli androidi, ne ha parlato il program manager della DRC Gill Pratt, in una recente intervista con Defense One.
TRA FINZIONE E REALTÀ
Il problema principale in un contesto catastrofico è la comunicazione e il coordinamento. Nel bel mezzo di un disastro le comunicazioni radio sono quasi impossibili: la rete cellulare è sovraccaricata dal momento che tutti cercano di mettersi in contatto con gli altri; l’infrastruttura è deteriorata e a volte la stessa natura fisica del luogo colpito può essere sfavorevole per le comunicazioni wireless. Quando ci fu il disastro nucleare a Fukushima per esempio, all’interno degli edifici del reattore erano previste protezioni (lastre di zinco e cemento armato) per impedire alle radiazioni di fuoriuscire. Ma non bloccarono soltanto le radiazioni, tutte le comunicazioni furono interrotte. In una situazione di emergenza, in cui centinaia di persone cercano di aiutare, la comunicazione è davvero complessa. Se a questo aggiungi un ambiente pericoloso per gli esseri umani, la soluzione viene da sé: dovranno entrare in gioco le macchine. Robot che affrontino il pericolo al nostro posto ma con le nostre direttive.
SCIENZIATI VS ANDROIDI
All’inizio dell’estate tuttavia alcuni noti esperti del settore, tra cui Elon Musk e Stephen Hawking, hanno firmato una lettera aperta esortando i governi a vietare lo sviluppo di armi autonome. Secondo Pratt è un’ansia decisamente prematura: “Credo che sia il momento sbagliato per prendere una decisioni come questa. Discuterne va bene, ma arrivare a interrompere la sperimentazione è sbagliato. In primo luogo, abbiamo bisogno di capire ciò che è possibile. Siamo in grado di scegliere di non utilizzare ciò che creiamo – come accaduto già con armi biologiche, per esempio, scegliendo di vietarle. Nel caso di “automi letali”, abbiamo bisogno di scoprire molto di più. Mi piacerebbe vedere fino a dove possiamo arrivare. Esortare un divieto alla sperimentazione sulla base di una paura “emotiva” di qualcosa molto lontana nel futuro, sarebbe sbagliato al momento”.
I, ROBOT
Se Pratt non è angosciato circa una possibile rivolta dei robot, la sua più grande preoccupazione riguarda la protezione delle informazioni prelevate dai robot, sia in caso di disastri sia in situazioni quotidiane. I robot arriveranno a vedere. “Mi piacerebbe avere una macchina che mi aiuti quando sarò vecchio, ma non voglio che tutte le informazioni, tutto ciò che il robot guarderà e immagazzinerà, possa essere diffuso”. Queste perplessità in realtà non sono esclusive del settore della robotica, ma di tutte le tecnologie dell’informazione. Si tratta di un problema che continua a emergere e non c’era bisogno di un robot per farlo diventare un caso. “La gente ha questa idea che i robot siano pericolosi perché hanno le gambe, così che possano venire a prenderci. Il pericolo non è nelle gambe. È nella fotocamera e nel microfono. Noi stessi siamo il robot. Portiamo i telefoni cellulari in giro in tutto il mondo e e ci fidiamo di chi controlla il software all’interno affinchè ci assicuri che non vi siano malware. È un gran atto di fiducia. Sono più preoccupato per questi sistemi che sul futuro dei robot. I dati sono preziosi se non fondamentali, si tratta di una questione così importante che trascende se si tratti di un robot, un cellulare o un computer portatile. Se siamo in grado di risolvere il problema per il computer portatile e il telefono, ci riusciremo anche per i robot”.
L’UOMO BINCENTENARIO MIGLIORERÀ LA NOSTRA VITA
“Sono estremamente ottimista circa la capacità dei robot di aiutarci. Vorrei una macchina per aiutarmi a guidare la mia automobile o a portare il mio zaino durante una escursione. Ci sono molti modi per cui queste macchine ci renderanno la vita migliore. Alla RDC si comincia a vedere un po’ di quello che i robot potrebbero fare per aiutarci nel quotidiano. Siamo a un punto di svolta. Ma è molto difficile capire esattamente quando questo effettivamente accadrà” – conclude Pratt. Non resta che augurarci che gli andoridi del futuro siano più simili all’automa Andrew del racconto fantascientifico di Isaac Asimov che al Terminator di Arnold Schwarzenegger.