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Come si vive in Siria e in Irak

Nel 2012, l’ex primo ministro siriano, Adel Safar, aveva lanciato un appello ai cittadini dall’agenzia statale di notizie Sana: “Bisogna recuperare tutti gli sforzi necessari per superare gli eventi alimentati da Paesi stranieri che volevano cospirare contro la Siria e tornare alla vita quotidiana e riprendere la stabilità e la sicurezza della patria”.

L’attuale presidente siriano, Bashar al-Assad, non si azzarda a fare un invito del genere. In questi tre anni la situazione in Siria è precipitata, e al conflitto tra ribelli ed esercito siriano si aggiunge l’incubo degli estremisti islamici dello Stato Islamico.

Ecco le fotografie del reporter di Reuters, Molhem Barakat, ucciso nel 2013 in Siria mentre fotografava la vita quotidiana dei siriani

MANGIARE VERDURE SELVATICHE

In Siria mancano cibo, acqua, elettricità e altri servizi e prodotti di prima necessità. La vita quotidiana di chi resta nelle zone in conflitto è un inferno. Un reportage del New York Times racconta come sopravvivono i siriani tra bombardamenti, attentati e scarsità di viveri. Dieci membri di una famiglia, di cui sette bambini, sono morti quando una bomba li ha raggiunti mentre cercavano vegetali salvatici.

CITTÀ FANTASMA 

Douma, una località nella periferia di Damasco, sembra un paese fantasma. Contava su 500mila abitanti, ma l’80% della popolazione è scappata in Turchia, Libano, Giordania o Europa. Il 20% che resta non esce dalle abitazioni. Pregano e basta. Tanto, fuori non trovano nulla. I campi sono deserti, incolti, e i pochi aiuti umanitari che fino a poco tempo arrivavano, sfidando la morte, ora sono bloccati dai militanti di Isis. Fanno eccezione soltanto per qualche funerale di massa.

TRA PROTESTE ED ESPLOSIONI

Il giornalista Jordi Pérez Colome ha diffuso su Twitter un video intitolato: “La vita in Siria oggi”. Le immagini sono quelle di una normale manifestazione in una strada pubblica. Una bambina comincia a cantare ed è interrotta dall’esplosione di una bomba.

AL PARCO CON L’AK-47

Una studente siriana è riuscita a registrare scene di vita quotidiana a Raqqa, Siria, una città controllata da Isis. Il filmato è stato diffuso dalla rete France 2 e mostra come uomini armati da AK-47 passeggiano per le strade piene di gente. Una donna con il viso scoperto è avvicinata da un miliziano che l’invita a usare il burqa. Un’altra donna ha per mano un bambino e nell’altra una mitraglietta. Nonostante lo accompagna a un parco giochi, nessuno ride, non si sentono conversazioni, risate o musica. L’ambiente è di totale oppressione.

RIPUDIO SUNNITA 

“Non abbiamo nessuna libertà, neanche possiamo fumarci una sigaretta”, ha raccontato Hamed, un iracheno residente a Al Anbar, al giornalista del País. L’arrivo di Isis gli ha sconvolto tutta la vita. Hamed ha 51 anni ed era tassista. Ha perso casa, lavoro e adesso gli estremisti islamici vogliono toglierli persino l’unico vizio che gli era rimasto: il tabacco. Sua moglie Karima, di 39 anni, conferma che è tutto vietato. Lei non può uscire di casa da sola e deve coprirsi completamente. Non ci sono alimenti né servizi. Karima e Hamed sono sunniti, la stessa frazione dell’Islam che profetano i militanti di Isis. Ma loro non credono nel Califfato: “Hanno distrutto i nostri tempi a Al Anbar, Ninive, Saladinn e Diyala, hanno arrestato alcuni dei nostri leader religioso. Uccidono le persone, soprattutto i giovani che non vogliono arruolarsi”.

VIAGGIO DI NOZZE CON ISIS

In un tentativo di attrarre simpatizzanti, Isis ha cominciato a diffondere video non solo con decapitazioni e torture, ma anche con notizie positive. Per esempio, l’ultima campagna promuove la riapertura dell’antico albergo Niniwa International a Mossul, dove gli sposi hanno un’offerta di tre notti gratis. Un altro spot è quello con la testimonianza di un medico australiano che racconta la “meravigliosa esperienza” di lavorare in un ospedale a Raqqa.

La verità però è un’altra. “Isis ha cambiato tutte le norme, all’improvviso è haram (peccato) che le donne abbiano il volto scoperto”, racconta Anwar, unna sunnita di 29 anni che è scappata da Ramadi con il marito e i due figli e ora vive in un campo profughi dell’Unicef. Per l’analista iracheno Hisham al Hashemi, autore del libro Il mondo di Isis, “in due anni Isis è diventato un fenomeno sociale che influisce sul cibo, l’abbigliamento, l’atteggiamento delle persone”.

SENZA ACQUA E SENZA LUCE

La rivista Tempi ha pubblicato una lettera inviata da Nabil Antaki, direttore di uno dei due ospedali rimasti ad Aleppo. La testimonianza del medico è un affresco della vita di tutti i giorni in Siria e di come l’atteggiamento della comunità occidentale infierisce ancora di più sulla tragedia: “Ad Aleppo manca acqua e gli abitanti hanno sofferto molta la sete e molto caldo quest’estate. Non era a causa della siccità o dell’abbassamento del livello dell’acqua nell’Eufrate. La stazione di pompaggio esiste e non è stata distrutta. I depositi d’acqua sono pieni. L’acqua che vi si trova viene dispersa quotidianamente nella natura piuttosto che essere pompata nelle condotte d’acqua della città. Siamo stati lasciati alla mercé di bande armate che hanno deciso di lasciarci senza acqua (con 40 gradi all’ombra) durante molte settimane”.

SIATE GENEROSI E OSPITALI

Ad Aleppo manca di elettricità, non ci viene più fornita. Quando siamo fortunati l’abbiamo per un’ora al giorno – continua Antaki -. Oggi un giornalista canadese mi ha chiesto, durante un’intervista radiofonica, ciò che avrei desiderato dire ad un cittadino europeo o americano. Voglio condividere con voi la risposta che gli ho dato: ‘Innanzitutto non perdete la vostra capacità di sdegno davanti al dramma della Siria e le sofferenze del popolo siriano, denunciate gli atti barbarici, non abituatevi all’orrore, evitate che la ripetizione delle denunce faccia dimenticare i fatti. Dichiarate la vostra solidarietà con le persone che hanno fame e sete che sono malati o feriti, rifugiati o profughi, sulle strade o in mezzo al mare. Considerate i profughi come degli esseri umani che fuggono la guerra e la morte e non dei migranti che vengono da voi per vivere meglio. Siate generosi di cuore ed ospitali. Poi, informate, lottate contro la disinformazione praticata da certi media, fate pressione sui vostri governanti ed i vostri responsabili affinché cambino la loro politica per arrivare ad una soluzione del dramma siriano e salvare ciò che può essere ancora salvato”.

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