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Isis minaccia i Balcani (e i siriani in fuga)

Nell’ultimo numero della rivista patinata dell’ISIS si rilanciano le minacce per le ambasciate straniere nei Balcani occidentali.

IL TERRORE PATINATO

Nella loro rivista “Dabiq“, i terroristi del Califfato scrivono che nessuno potrà fermare l’attacco alle ambasciate straniere a Tirana, Pristina e Sarajevo. “Che cosa che ci impedisce, per esempio, di attaccare le comunità in Michigan, Los Angeles e New York? O un attacco all’ambasciata di Panama a Doha o Dubai? Che cosa impedisce un attacco all’ambasciata del Giappone in Bosnia, o ai diplomatici sauditi a Tirana, a Sarajevo e Pristina”, si legge. Nello stesso pezzo si condannano gli immigrati provenienti dalla Siria in fuga verso l’Europa perché, secondo l’organo dell’ISIS, “stanno facendo grande peccato”.

DOSSIER SICUREZZA

Le minacce mirate hanno messo in allarme le polizie e i servizi segreti di questi Paesi che hanno preso seriamente in considerazione queste dichiarazioni, anche se non si sono mai concretizzate. L’ambasciata del Giappone a Sarajevo ha preso misure di rafforzamento per la sicurezza del personale. Anche altre sedi diplomatiche a rischio di attacchi da parte dell’ ISIS stanno pensando di allertarsi.

IL VIDEO EMBLEMATICO

Tuttavia queste minacce non sono nuove. Nei primi di giugno in un lungo video diffuso da Al Hayat media center, la principale “casa di produzione” dell’organizzazione terroristica nata in Siria e in Iraq, l’annuncio di futuri attacchi nella regione balcanica è stata affidata a miliziani di lingua albanese. Abu Muqatil (alias Ridvan Haqifi), un miliziano islamico kosovaro che si dichiara rappresentante del gruppo jihadista nella regione annuncia di voler “vendicare l’umiliazione subita dai musulmani in Kosovo, in Albania e in Macedonia”. “Arriveremo con gli esplosivi”. Gli analisti di Intelligence ipotizzano che anche la “rotta balcanica” è vulnerabile per possibili infiltrati del califfato con missione di attaccare i paesi occidentali.

LE MINACCE ISLAMISTE

Abu Muqatil profetizza “giornate nere” per tutti quelli che “in Kosovo, in Albania, in Macedonia ed in tutti i Balcani hanno disprezzato i musulmani”. Poi aggiunge: “Dovrete aver paura di camminare per le strade, di stare nei vostri uffici, di dormire nelle vostre case. Con il permesso di Allah, vi strangoleremo”.

I NUMERI DEL FENOMENO

Alcune centinaia di musulmani radicali originari dei Paesi balcanici, dalla Bosnia ai territori albanofoni si sono uniti all’Isis malgrado le autorità locali abbiano annunciato un giro di vite contro i cosiddetti “foreign fighter”. Nella lista dei 22 Paesi da cui provengono la maggior parte dei foreign fighter, tra cui Paesi europei, Stati Uniti, Russia e Turchia, il piccolo paese del Kosovo, con 1,8 milioni di abitanti – 90% dei quali musulmani – è all’ottavo posto con 232 persone presenti in Siria e Iraq, come confermato anche dall’ultimo rapporto del Kosovar Center of Security Studies.

LE ULTIME OPERAZIONI ANTI TERRORISMO

Le recenti operazioni in Bosnia Erzegovina e Kosovo contro le reti jihadiste hanno allarmato l’opinione pubblica occidentale. L’arresto di cinque persone in Kosovo legate alla rete terroristica dell’Isis e sospettate di aver programmato e preparato un avvelenamento dell’acquedotto della città di Budovc ha richiamato l’attenzione sull’infiltrazione del fondamentalismo islamico nei Balcani occidentali. La crescita dell’islamismo militante in quest’area è il risultato a lungo termine degli sforzi fatti da persone strettamente legate al terrorismo e che hanno contribuito alla radicalizzazione di frange della popolazione locale.

COME SI E’ ALLARGATA LA RETE ISLAMISTA NEI BALCANI

Nel corso degli ultimi vent’anni alcuni movimenti islamisti dei Balcani occidentali hanno creato una sofisticata infrastruttura, fatta di rifugi sicuri situati in villaggi isolati e nelle moschee controllate da imam radicali, una vasta gamma di mezzi elettronici e pubblicazioni online da cui vengono diffuse forme di propaganda politica e notizie dai fronti della jihad. Tutte queste organizzazioni sono state finanziate dagenerosi donatori del Medio Oriente e sostenute anche da piccoli gruppi locali di estremisti che si sono infiltrati nelle istituzioni politiche, religiose e sociali.


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