Nonno, noi non ci conosciamo quasi. Anche perché tu, per me, un po’ sei nonno e un po’ non lo sei. Sei tu nonno il primo uomo ad aver mancato di rispetto alla mamma. – Il primo fiore non si tocca – . Così ripetevi tu, nonno. E invece, quella mattina, non hai fatto nulla per proteggerlo quel fiore. Sul calesse, quella mattina: tu la nonna e le due figliole. Tutto un ondeggiare era, curva dopo curva, dosso dopo dosso. Ogni buca, un sospiro. La Madonna, dentro la Matrice, dietro al velo nero, a fare da testimone. Il calesse prese il Corso dove, proprio sotto al Palazzo di Belmonte, avevano casa i signori cui il Padreterno non dava la gioia di una prole. – Il primo fiore non si tocca –. Così hai ripetuto, nonno, dopo i convenevoli. Ma eri Pietro che rinnegava Cristo.
La signora scrutò, delle bimbe, i comportamenti. A ciascuna, diede una zolletta di zucchero. E il fatto è talmente vero che ha la liturgia della favola. Fatto fu che la più piccola delle due, con la destrezza della malizia, portò via alla grande la zolletta di zucchero. Rivelò l’indole e decise, come l’esito di una magia, il destino di due vite. Cancellando dal tuo cuore, nonno, il proposito: – Il primo fiore non si tocca –.
Ora, nonno il tempo è passato. Le parche hanno filato tutto quello che c’era da filare. Il fuso è un kebab con un filo di grasso appena che, come un rivolo di sudore freddo e disperato, scivola giù. La nonna non c’è più. Il nastro va riavvolto. Non tutti hanno la possibilità di poter cucire il presente col passato. Solo i poeti. Solo gli artisti. Nonno, fatti Walt e impugna la tua doppietta. Lava la tua colpa col sangue di quel maledetto che continua a mancare di rispetto alla mamma. Che la colpisce nell’intimità della sua casa. Nonno, è l’ora. Conquistati l’onore del legno come Nelson il cedro di Trafalgar. Portati via quel bastardo, nonno.
