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Perché non mi convince il Senato alla Renzi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

L’aspra polemica che per tutta l’estate ha interessato la grande stampa sulla riforma del Senato non ha portato ad alcun risultato. Tutto è ancora in alto mare senza soluzioni concordate.
È necessario far chiarezza e far rientrare questa problematica specifica in quella più generale che riguarda il governo come tale. Se il Parlamento deve durare fino alla fine della legislatura, il Governo deve trovare una qualificazione diversa: era nato come Governo di larghe intese, poi è diventato delle piccole intese: ora bisogna rinegoziare tutto, e bisogna chiarire il rapporto tra i gruppi parlamentari per evitare di approvare le riforme costituzionali come fossero una emergenza del paese e bisogna stabilire esplicitamente se si vuole tutelare la Repubblica parlamentare che ha le sue regole così come il Governo ha le sue prerogative.

È questa la questione politica. Rinegoziare tutto non significa liquidare il Governo ma consentire di precisare le intese che ogni Governo di coalizione deve determinare per rimettere ordine nei rapporti tra i poteri dello Stato, stabilire un corretto rapporto tra Governo e Parlamento, un rapporto limpido e corretto tra i partiti per impedire, se è ancora possibile l’approvazione della riforma del Senato che non serve per risolvere il problema del bicameralismo ma per avere un ramo del Parlamento depotenziato e una Camera dei Deputati con un premio di maggioranza sproporzionato che determina un presidenzialismo anomalo e pericoloso. Il Capo dello Stato deve essere il garante di questo nuovo patto e di un programma esplicitamente accettato dai partiti che formano la maggioranza e prospettato formalmente in Parlamento.

Deve essere l’Area Popolare e in particolare quella che fa capo all’Udc a determinare questa svolta perché, anche numericamente ridotto, se non è in grado di pretendere questo e far sentire il suo peso politico vuol dire che ha rinunziato alla sua storia e alla sua peculiarità. Questo potrebbe essere un messaggio opportuno e risolutivo che può venire dal convegno di San Giovanni Rotondo con l’illuminazione di Padre Pio!
Chi ha vissuto nel culto della democrazia rappresentativa, come certamente quelli che si definiscono di centro, e quindi i popolari, ma anche quelli che si definiscono di sinistra, non possono consentire a Renzi di portare a termine questa riforma del Senato bislacca ed equivoca, e debbono prendere atto che hanno sbagliato a votare la legge elettorale che prevede una maggioranza truffaldina e hanno sbagliato finora a votare una modifica schizofrenica del Senato, così come hanno rinunziato a contestare le altre leggi proposte dal Governo perché sono state tutte all’insegna dell’autoritarismo, dalla scuola alla Rai.

Il concetto di collegialità, di pluralismo, di rappresentanza dei corpi intermedi, del ruolo del Parlamento è sparito; e tutti quelli che vengono da una tradizione pluralista sono paralizzati, non hanno iniziative e accettano in silenzio un cambiamento che coincide con un deficit di democrazia: il contrario di tutto quello che è stato fatto dal 1946 in poi.
Matteo Renzi sta distruggendo pezzo per pezzo lo Stato come era stato concepito dai costituenti ,dai cattolici democratici, dai socialisti ma anche dai comunisti; e assistiamo impotenti rinnegando la nostra storia continuando a stare al governo per ottenere briciole di potere. Come possiamo definirci popolari se siamo senza iniziative e ahimè! senza proposte.

“Renzi vuol cambiare verso” perché non crede alla Repubblica parlamentare, ma non ha la forza di imporre una Repubblica presidenziale, e quindi siamo in un pasticcio. Si propongono leggi e riforme costituzionali senza un’idea di quale società e di quale Stato vogliamo perché per riformare è necessario avere una strategia: rischiamo di non essere dunque né una Repubblica parlamentare né una Repubblica presidenziale, un indistinto pericoloso.
Si sostiene da più parti che la “ Democrazia diffusa “non è in grado di affrontare i problemi di un paese moderno. È indispensabile, si dice, la velocità nell’agire e io dico che si tratta di un equivoco che nel processo della storia è ricorrente quando si è stanchi della democrazia, perché anche la democrazia, come tutte le cose della vita, stanca.

Proprio per questo è necessario che siano vigili e critici, quelli che ancora non sono stanchi! Una cosa è decidere, altra cosa è imporre senza discutere, senza il dubbio che una solida cultura dovrebbe alimentare per incoraggiare il dibattito e per raggiungere il più possibile la verità. Come è possibile che non ci rendiamo conto che se Renzi realizzasse tutto quello che vorrebbe ci troveremmo con un uomo solo che decide e opera; ci troveremmo senza partiti, senza il Senato con una Rai che risponde solo al Presidente del Consiglio e con una legge elettorale che concede un premio scandaloso al movimento(evito di chiamarlo partito)che raggiunge il 40%. Naturalmente sono critico rispetto a queste proposte e nei confronti di Matteo Renzi che pensa di essere lui ad avvantaggiarsi soprattutto della legge elettorale, ma le riforme se sono autoritarie sono oggettivamente pericolose e per questo bisogna combatterle.

Ma a monte c’è un problema molto più consistente e deve essere risolto in un rapporto chiaro tra i partiti: le riforme costituzionali sono state presentate dal Governo e questo è un grande equivoco: l’errore iniziale è aver consentito che la riforma del Senato in particolare fosse proposta dal Governo: che c’entra il Governo con le modifiche della Costituzione che interessano il Parlamento, e come può il Senato tollerare l’ingerenza del Governo. Come si può subire il ricatto, che se passa l’emendamento che prevede l’elezione diretta dei Senatori cade il Governo: c’è una anomalia che bisogna correggere. Mi vien da pensare al Presidente Fanfani! Dal Presidente Napolitano mi sarei aspettato una puntualizzazione in tal senso e invece pur essendo un vecchio costituente difende a tutti costi questo pasticcio e resta solo Eugenio Scalfari e pochi altri a contestarlo.

Tutto questo serve per far uscire allo scoperto l’area popolare che appoggia il Governo con la qualifica di centro-destra ma poi è completamente succube del partito di Renzi al quale fa intendere di voler aderire. Una alternativa limitata al centro-destra e al centro-sinistra dimostra la sua inconsistenza perché orami destra e sinistra sono superati e non hanno più significato.
La verità è che siccome il Presidente del Consiglio sa che la sinistra è fuori dalla storia, si illude che per vincere bisogna fare una politica di destra, cioè una politica “indistinta” populista e demagogica che non ha niente a che vedere con la tradizione politica italiana. Quella politica consisteva in una ricerca culturale che si faceva carico della complessità dei problemi per dare risposte adeguate e soprattutto condivise.
Queste risposte aspettiamo da un chiarimento istituzionale che è il presupposto per poter dare forza al Parlamento fino al 2018.



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