Il quantitativo ci domina mentre il qualitativo nasconde il mistero del vivere. Per un pensiero lineare che tende a misurare e a prevedere ogni processo del Mondo-Della-Vita c’è una complessità che evolve nelle informalità e nelle transizioni.
L’esasperazione quantitativa si accompagna con quella competitiva in un “matrimonio” che vorrebbe semplificare e separare la realtà. Anziché persone e soggetti storici dialoganti, ci comportiamo come individui auto-referenziali e prigionieri delle nostre certezze, credendoci onniscienti e onnipotenti.
Abbiamo la necessità di re-integrare quantità e qualità e questo dovrebbe accadere in ogni ambito della convivenza, nessuno escluso; se ci limitiamo a quantificare produciamo soltanto modelli, ritrovandoci paralleli rispetto alla vita e persistendo in una esistenza irreale.
Il solo approccio quantitativo ci lascia prigionieri di una globalizzazione senza anima globale, incapace di generare progetto umano.
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