Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Tino Oldani apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Giulio Andreotti diceva che, a pensar male, si fa peccato, ma a volte ci si azzecca. Una battuta cinica, tipica del personaggio, ma fondata su decenni di frequentazioni del mondo politico e dei suoi metodi, non sempre cristallini. Dunque, una battuta con un fondo di verità indiscutibile. Se la ricordo, il motivo è semplice: nei giorni scorsi ho letto due notizie tra loro distanti, ma, quando ho approfondito la seconda, mi è venuto spontaneo collegarla alla prima, e pensare male. Se ho sbagliato, faccio fin d’ora ammenda. Ma ciascuno può giudicare in base ai fatti. Il primo: nel raccontare i retroscena di come Matteo Renzi si sta assicurando i voti per la riforma del Senato, il Corriere della sera ha rivelato che «Palazzo Chigi ha scatenato l’artiglieria pesante su Palazzo Madama. Ha sentito Schifani e si è convinto che Ncd non si sfilerà, poi ha parlato con il capogruppo delle Autonomie, Karl Zeller, una quindicina di voti preziosi. Quindi, convinto di avere i numeri, Renzi ha sfidato Pietro Grasso».
Secondo fatto. Sul sito lavoce.info, l’economista Giorgio Ragazzi, che da anni segue il settore delle autostrade, sostiene che il governo Renzi sta regalando l’Autostrada del Brennero ai suoi azionisti attuali, che sono gli enti pubblici del Trentino Alto Adige (54%) e quelli del Veneto (28%). Un regalo del valore di 4-5 miliardi, che Ragazzi ritiene non solo ingiustificato, ma in contrasto con le direttive europee, che impongono di mettere a gara la concessione di un’autostrada quando sia giunta a scadenza. E questo, spiega l’economista, è proprio il caso dell’Autobrennero, la cui concessione è scaduta nel 2014 e, a norma di legge, potrebbe essere rinnovata soltanto dopo una gara europea, assegnando la gestione alla società maggiore offerente. Tuttavia, in base ad alcune dichiarazioni rilasciate da esponenti politici trentini, sembra proprio che non ci sarà alcuna gara: una soluzione anomala, scrive Ragazzi, per consentire agli enti locali del Trentino Alto Adige di continuare a gestire un’infrastruttura che genera ogni anno un margine lordo di 150 milioni di euro, con un ricco corollario di poltrone e di appalti.
«Come si giustifica un regalo così importante agli enti pubblici di una Regione che già gode di uno statuto di grande privilegio sotto l’aspetto fiscale?», chiede l’economista. E perché mai il governo nazionale, che è alla disperata caccia di quattrini per far quadrare i conti di una legge di stabilità da 27 miliardi, rinuncia a riprendere il possesso dell’Autobrennero, come previsto dalle leggi, perdendo così la possibilità di incassare 4-5 miliardi di euro dalla gara per il rinnovo trentennale della concessione, fino al 2045? Domande pesanti sul piano politico, finora senza risposte degli interessati, anche se, tra i commenti postati su lavoce.info, c’è chi sostiene che «l’incongruenza trova una facile spiegazione se si pensa a come i voti dei deputati sudtirolesi sono sempre stati all’asta al miglior offerente, in un Parlamento dalle maggioranze asfittiche, a condizione di avere maggiori autonomie locali».
Ecco, è stato a questo punto che anch’io sono stato tentato di pensare male. Attenzione: non dico che Renzi e il capogruppo delle Autonomie al Senato abbiano barattato al telefono voti in cambio di un’autostrada. Nessuno potrebbe mai provarlo. Mentre è un fatto che Zeller e i senatori altoatesini sono stati quasi sempre stati filogovernativi, quale che fosse il colore del governo in carica, a patto di conservare i privilegi della Regione. Zeller, per esempio, il 14 dicembre 2010 non votò la sfiducia al governo di Silvio Berlusconi, che si salvò per una manciata di voti. E il 30 ottobre 2013, pur non essendo berlusconiano, si schierò contro la decadenza di Berlusconi da senatore. Due scelte politiche impegnative, probabilmente dettate dalla gratitudine verso l’ex Cavaliere, che, da premier, era stato più volte in disaccordo con il suo ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. E quest’ultimo, guarda caso, già nel 2010 aveva fatto inserire in una legge l’obbligo per l’Anas di indire entro l’anno una gara per il rinnovo della concessione dell’Autobrennero. Gara che i politici del Trentino Alto Adige sono riusciti a insabbiare con ripetuti interventi in Parlamento, ricorsi al Tar e rinvii a catena, fino a fare balenare una soluzione che, solo ora, sembra gradita sia a loro che a Renzi.
L’escamotage trovato, di concerto con il governo, per evitare l’obbligo Ue di una gara, sarebbe quello di assegnare una nuova concessione a una società interamente pubblica, forse con dentro l’Anas, ma di certo partecipata dagli enti pubblici locali che ne sono già azionisti. La legge dice infatti che se la concessione torna allo Stato (anche temporaneamente), non c’è obbligo di gara. In questo modo, il governo potrebbe lasciare poi, di fatto, la concessione agli enti locali che hanno la competenza sui territori attraversati dall’infrastruttura. «Qualcuno ha riflettuto sulle conseguenze se si estendesse questo criterio a tutta l’Italia?», si chiede Ragazzi. Il traffico dell’Autobrennero non è intra-regionale, ma di transito, il che non giustifica in sé alcun pedaggio. In caso contrario, si incoraggerebbero gli enti locali di altre Regioni a introdurre pedaggi di transito». Enrico IV di Francia, abiurando per ragione di potere, disse che «Parigi val bene una messa». Con lo stesso metro, anche la riforma del Senato può valere un’autostrada?