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Terremoto a Torino

Un bel terremoto a Torino. Prima un articolo su Torino Sette, esageratamente critico nei confronti di uno degli eventi di MiTo, la kermesse musicale di Settembre. Poi le dimissioni della Cogoli, che non ha fatto in tempo neanche a vedere il divano del Salone del Libro di Torino che ha dovuto lasciare a Ernesto Ferrero che, secondo la liturgia italiana, inaugurata con Napolitano, in continuità con la Chiesa di Roma che ha addirittura due Papi, richiama al comando dell’evento librofilo più indebitato della Storia Ernesto Ferrero che l’aveva diretto, come Pietro, dalla fondazione sino ad oggi.
A tranquillizzare tutti, ci pensa Chiamparino. E, dunque, ho detto tutto. – Il Salone si farà, più bello che mai -. Il fatto è che la cultura, feudo specie a Torino e dintorni di sinistra e lega, ha caricati sullo stato di famiglia i rifugiati delle lettere e dei salotti. Un esercito. E purtroppo a questo tipo di rifugiati non basta dargli un tetto, un vestito e un poco di pane. Questi vogliono le case di Le Corbusier, i vestiti firmati e i prodotti Slow Food. Dunque i debiti bisogna farli eccome. E anche se Ernesto Ferrero andava a cena con Philip Roth, ed è uso al mondo, più che scovare scrittori emergenti ora dovrà darsi da fare peggio di uno startupper a cercare investitori. Il problema è che in Italia di pane e cicoria di questi tempi non se ne trovano. Altro che con la cultura non si mangia, qui se la sono mangiata tutta. Tant’é.

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