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Tutte le bugie sulla Digital Tax

C’è chi dice che…

– sarebbe una nuova tassa, ma come ho già spiegato ad libitum ovunque, da maggio quando la presentammo, non è una tassa ma un meccanismo per limitare scappatoie per eludere il fisco;

– sarebbe un aumento di tasse per le aziende italiane, ma nulla rileva per le aziende stabilite in italia (Amazon ha una stabile organizzazione in italia, per dire) ma incide su aziende estere che vendono in italia;

– il gettito sarebbe ridicolo. Può darsi ma non credo, ci sono stime per la sola Google tra mezzo e un miliardo di euro di ricavi in Italia. Risulta che in 13 anni abbia versato all’erario complessivamente 12 milioni. (Per cui ci sono state divergenze tra il suo collegio sindacale ed il management);

– aumenterebbero i prezzi della pubblicità online per le aziende italiane. Però il prezzo lo fa la domanda, non l’offerta (quando uno bidda per una keyword, non esprime il prezzo “al netto della imposta sul reddito”. Il prezzo lo fa chi partecipa all’asta sulla base della propria disponibilità di investimento);

– sarebbe anticomunitaria come lo era la proposta di Francesco Boccia, ma quella riguardava l’IVA che è materia comunitaria, questa le imposte sul reddito che è materia degli Stati membri.

– le aziende se ne andrebbero, ma evitare di incassare 10 per non versare 2 (con saldo attivo di 8), è come la barzelletta del marito che si castra per fare dispiacere alla moglie;

– l’Italia non ha voce in capitolo su quei redditi, ma il management di Apple è sotto processo proprio per questo;

– le aziende italiane sarebbero genericamente penalizzate. Penalizzate per avere concorrenti esteri che non avranno più – rispetto alle aziende italiane – un vantaggio di costi indebito, sfruttando i pertugi che la politica (imho colpevolmente) negli anni gli ha lasciato? Adesso si vogliono restringere i pertugi per cui passava la erosione fiscale e spostamento di profitti (BEPS: Base Erosioin and Profit Shifting);

– sarebbe contro i trattati OCSE il punto più complesso, che merita qualche approfondimento:

la normativa italiana dispone già oggi, che, pur in assenza di una stabile organizzazione nel territorio italiano, i redditi conseguiti siano da considerare come imponibili nello Stato in cui la prestazione è effettuata, anziché in quello di residenza, se è possibile individuare sul territorio italiano una stabile organizzazione occulta.

Infatti già oggi, come noto, sono state sollevate varie contestazioni, per centinaia di milioni di Euro, a diverse multinazionali.

È la stessa OCSE che invita gli Stati Membri ad adottare comuni misure di sfavore contro queste pianificazioni, fino alla “denuncia” formale delle Convenzioni contro le doppie imposizioni eventualmente vigenti.

L’art. 24, par. 4, del modello OCSE (a cui tutti i trattati si conformano) prevede, che “le disposizioni dei paragrafi precedenti del presente articolo non pregiudicano l’applicazione delle disposizioni interne per pervenire l’evasione e l’elusione fiscale”.

Andando a leggere quasi tutte le convenzioni, viene espressamente stabilito che il Governo della Repubblica italiana e l’altro Governo “desiderando stipulare una convenzione per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, hanno convenuto quanto segue …”. La prevenzione delle evasioni fiscali è dunque del tutto in linea con i principi degli accordi internazionali. Anzi, ne rappresenta il presupposto imprescindibile.

La sentenza n. 4272 del 23 febbraio 2010 della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, ha stabilito che è obbligatorio verificare sempre l’eventuale uso distorto ed abuso delle Convenzioni in funzione di pianificazione fiscale aggressiva.

Nessuno è perfetto e tutti sbagliamo; mi sarebbe più utile se commenti di professionisti stimati entrassero nel merito e nel dettaglio, non si limitassero ad affermazioni generiche ideologiche o di principio.

Anche perché il percorso tra una proposta ed una norma è molto lungo e tutto può essere migliorato, anche questa proposta che ricalca la linea delle proposte OCSE…

Leggi la versione integrale dell’analisi sul blog di Quintarelli

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