Caro direttore,
quanto è bella Milano. Una città che ha avuto il coraggio di cambiare, di internazionalizzarsi, di innalzarsi regalandoci gioielli come la “Torre Unicredit” o il pluripremiato “Bosco Verticale”. Milano città governata dalla sinistra in una regione amministrata dal centrodestra, città motore dell’Italia, città produttrice ma anche una delle città più care del nostro Paese.
Al di là delle Alpi, Milano ha una città gemella: Monaco di Baviera.
Città socialista (come Milano una volta) in una “Regione” ultraconservatrice come la Baviera (quante volte la Lega si è inspirata per la sua politica alla CSU bavarese). München è la città che più di ogni altra sta crescendo in Europa. Le previsioni parlano di 100 mila nuovi abitanti ogni anno da qui al 2030. Una domanda che ha spinto gli affitti alle stelle. Monaco è il motore produttivo della Germania in cui tutte le grandi aziende hanno sede.
In giugno ero a Milano quando la stazione centrale fu invasa da profughi e immigrati. Nei bellissimi androni della stazione, sulle ampie scale milanese, si trovavano in ordine sparso centinaia di disperati. Inizialmente lasciati a loro stessi, poi messi in esposizione nelle vetrine dei negozi vuoti. ‘amministrazione della città cercava disordinatamente di risolvere il problema. Noi italiani passavamo accanto a questa tristezza concentrati sui nostri impegni e sulle nostre vite già abbastanza complicate. I politici di ogni colore sfilavano in stazione, chi pro e chi controi. I sindaci di altre città e i governanti delle Regioni chiudeva alla possibilità di accogliere rifugiati nei loro spazi, mentre i media italiani lanciavano allarmi su improbabili malattie portate dai profughi o si lamentavano di come la stazione si presentasse ai visitatori del’Expo (con i suoi 20 milioni di visitatori in 6 mesi).
In questi giorni migliaia di nuovi profughi si stanno riversando nella Stazione centrale di Monaco di Baviera (solo ieri sera sono stati 6mila). Sin dal primo giorno di arrivi i monegaschi si sono riversati in massa in stazione con cibo, indumenti, regali per i bambini tanto da spingere le organizzazioni a pregare di smettere per mancanza di spazi per immagazzinare il tutto. Il profugo che arriva a Monaco riceve subito un set con acqua e cibo e viene fatto accodare per i controlli sanitari. Alcuni di essi, poi, vengono smistati sui diversi autobus o treni che li porteranno in altre città tedesche, dove verranno registrati e da dove inizierà il loro percorso burocratico. Dal primo giorno le maggiori organizzazioni Onlus hanno organizzato un conto corrente dove poter versare donazioni. La squadra di calcio monegasca, l’FC Bayern, ha donato ad esempio 1 milione di euro per i profughi seguita a ruota dalle altre squadre nazionali, dalla Nazionale e da una miriade di sportivi e personaggi dello spettacolo che con la loro azione vogliono motivare i tedeschi a fare altrettanto.
Anche in Germania i politici fanno le loro passerelle (nei campi di raccolta però e non in stazione dove sarebbero solo di impiccio) e si discute animatamente su come risolvere il problema. Voci razziste vengono subito sopite e condannate dalla gente stessa. I media tedeschi fanno a gara con maratone di solidarietà e elogiano la perfetta organizzazione cittadina. Nessuno si è sognato di avanzare polemiche su come si presentasse la stazione pochi giorni prima dell’Oktoberfest con i suoi 10 milioni di visitatori in tre settimane (cosa volete che siano 20 milioni in 6 mesi del’Expo).
Perché noi italiani non abbiamo reagito nello stesso modo? Forse perché sono anni che noi riceviamo profughi? In realtà anche Monaco riceve ormai da anni circa 400 profughi al giorno.
Non siamo forse noi il popolo del’accoglienza? Dove sono quegli italiani che scendono in strada per ripulire la propria città o che si uniscono difronte a tragedie come alluvioni e terremoti? Siamo forse solidali solo quando riguarda “qualcuno di noi”?
Spesso e volentieri compatiamo la freddezza tedesca giustificandola con il loro clima rigido, oggi saranno i tedeschi a compatire il nostro egoismo giustificandolo forse con un colpo di sole.