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Perché Mauricio Macri non è una sorpresa per l’Argentina

Era noto che “l’era K”, l’egemonia della famiglia Kirchner al potere in Argentina, sarebbe arrivata alla fine. I sondaggi precedenti alle elezioni presidenziali di ieri indicavano un pareggio tra i due principali candidati: Daniel Scioli del Partito Giustizialista e Mauricio Macri della coalizione Cambiemos. L’ennesima crisi economica che colpisce l’Argentina, l’aumento dell’inflazione, gli indici di povertà e gli inefficienti risultati delle nazionalizzazioni hanno sottratto molti voti a Scioli, candidato del kirchnerismo.

I RISULTATI

Nel primo turno Scioli ha ottenuto il 36,6% dei voti, mentre Macri il 34,5%. Con questi risultati l’Argentina dovrà scegliere il presidente della Repubblica – per la prima volta nella storia democratica del Paese – al secondo turno il 22 novembre. La Costituzione argentina approvata nel 1994 ha attivato un complesso sistema di ballottaggio. Per vincere il primo turno, il candidato dovrebbe ottenere più del 45% dei voti o tra il 40% e il 44%, ma con una differenza di 10 punti percentuali dal secondo candidato.

I PRECEDENTI

Dalle elezioni presidenziali del 1995, non c’è mai stato il ballottaggio. Nel 1999, 2007 e 2011, la presidenza si è decisa sempre al primo turno. Solo nel 2003 nessun candidato aveva superato la soglia del 40%. Il peronista Carlos Menem (che era stato presidente tra il 1989 e il 1999) aveva il 24% e il candidato Néstor Kirchner il 22%. Era necessario il secondo turno, ma davanti ai sondaggi che favorivano Kirchner, l’ex presidente Menem si è ritirato dalla corsa elettorale.

IL VANTAGGIO DI MACRI

Sebbene il consenso a favore di Macri fosse prevedibile per via della perdita di popolarità dei Kirchner e i suo alleati, nelle ultime settimane l’aumento dei voti, soprattutto tra i nuovi elettori, è stata una sorpresa. Scioli è crollato di quattro punti rispetto ai sondaggi e Macri è salito di sette.

UN BERLUSCONI GAUCHO?

La stampa argentina – soprattutto quella sostenitrice dei Kirchner – sottolinea le somiglianze tra Mauricio Macri e Silvio Berlusconi. I due si sono incontrati nel 2008 a Roma e condividono passioni, interesse e anche un po’ di fortuna. Come l’ex presidente del Consiglio italiano, Macri è uno degli uomini più ricchi dell’Argentina. Conservatore, è ex presidente di una delle principali squadre di calcio argentino: Boca Juniors. Ha vinto le elezioni come sindaco di Buenos Aires nel 2007. È stato rieletto nel 2011 con il 64,25% dei voti.

LA CARRIERA POLITICA

A differenza di Berlusconi, Macri non si è costruito la fortuna da solo. L’avventura politica di Macri è cominciata grazie a suo padre, Franco Macri, fondatore di un impero familiare di industrie e servizi. È stato lui a stimolarlo politicamente. Nel 1995 è diventato presidente del Boca Juniors. Le sue strategie hanno fatto conquistare 17 scudetti alla squadra. “Quello che sono riuscito a fare con il Boca confermano le mie capacità”, ha detto Macri in diverse interviste. Nel 2003 Macri fondò Compromiso para el Cambio, un partito che è servito di base per Pro (Propuesta Republicana), un’altra organizzazione iniziata con l’ex ministro dell’Economia Ricardo López Murphy. In queste elezioni, questo partito è entrato nella coalizione Cambiemos.

LA STRATEGIA ELETTORALE

Per affrontare la sfida elettorale verso la presidenza della Repubblica, Macri si è ripulito l’immagine. Da “playboy” con tre matrimoni alle spalle, ora non frequenta più le feste mondane di Buenos Aires. Le uscite pubbliche avvengono solo in presenza della moglie Juliana Awada. Ha cambiato il modo di vestire e parlare. Non usa più la cravatta, né il baffo, e si fatto un intervento al naso. Nonostante insista per farsi chiamare soltanto Mauricio, nella campagna elettorale viene chiamato con il cognome del padre: Macri.

IL PROGRAMMA DI GOVERNO

Mentre le proposte di Scioli restano in linea con il programma di governo dei Kirchner degli ultimi 12 anni (con qualche aggiunta presa in prestito dai discorsi di Papa Francesco con la formula “tetto, terra e lavoro”), Macri si concentra sul piano economico. Perché per sostenere la crescita e combattere inflazione e povertà ci vuole una politica economica efficace. E di numeri lui se ne intende.

Macri ha delle proposte macroeconomiche per ridurre nell’immediato l’inflazione di circa nove punti. Toglierà il controllo di cambio di monete straniere, cercherà di contenere il deficit fiscale e pagherà il debito. Ma cercherà di proteggere le fasce sociali più deboli: aumenterà le pensioni e sarà disposto un sistema di sussidi per disoccupati e famiglie senza casa di proprietà. Secondo il politologo argentino Patricio Giusto, “si prevede un’elezione molto difficile, che ha precedenti solo nel 1983, quando è tornata la democrazia in Argentina. Non c’era mai stata tanta incertezza”.



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