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Chi è Rolando Del Torchio, l’italiano rapito nelle Filippine

Quando alla fine del 1996 è esploso lo scandalo di pedofila nella Chiesa cattolica, Rolando Del Torchio decise di lasciare il sacerdozio. Era arrivato nelle Filippine nel 1988 con il Pontificio Istituto Missioni Estere ma, secondo il sito Rappler.com, non sopportava più l’idea di appartenere ad un’istituzione così marcia.

Del Torchio aveva deciso di restare sull’isola di Mindanao per continuare a lavorare con un’ong di assistenza agli agricoltori. Dopo si è reinventato ristoratore con la gestione di un locale, il “Ur Choice Café”, a Dipolog City, al sud del Paese. Oggi sette uomini armati l’hanno rapito mentre era nel locale.

Secondo le autorità, gli uomini armati sono scappati su un motoscafo. Ancora non è stata confermata la matrice religiosa. Tuttavia, a Dipolog City, capitale della provincia di Zamboanga del Norte, ci sono molti gruppi ribelli musulmani; una parte di loro cerca maggior autonomia nell’arcipelago dove predomina la maggioranza cattolica. Come nel caso dello Stato Islamico, queste organizzazioni si finanziano con il rapimento di cittadini stranieri.

Credo che 10 anni di missione mi abbiano fatto crescere in tante cose ma hanno anche arricchito il mio vocabolario contro il governo incompetente e corrotto… Non è possibile parlare di sviluppo senza strade decenti, dobbiamo sprecare ore per raggiungere un villaggio per sbrigare faccende che richiederebbero dieci minuti. Viaggi così hanno il potere di annebbiarmi la vista e l’intelletto e innescano la solita litania di sospiri che scoraggia chiunque dall’avvicinarmi o rivolgermi la parola”, si legge su un contribuito a firma di Del Torchio sul blog Pime Philippines.

Sul sito Santantonio.org, c’è un articolo che racconta di come una cooperativa agricola, fondata da missionari, alla quale appartiene anche Luciano Benedetti, rapito di recente, “cerca alternative al programma di distruzione attuato dalle multinazionali con la complicità del governo” delle Filippine. Del Torchio, missionario del Pime e perito agrario, spiega come gli è stata affidata la gestione del programma di sostegno a 200 famiglie per produrre e coltivare.

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