Un paio di sere fa, grazie all’invito dell’amica Stefania Craxi, ho avuto modo di assistere all’anteprima di un docufilm su una vicenda del 1985. Racconta del dirottamento della nave da crociera Achille Lauro ad opera di terroristi palestinesi che causò l’assassinio di un cittadino americano, l’intervento del Governo italiano, la notte di Sigonella che portò l’allora Primo Ministro – il socialista Bettino Craxi – a muso duro nei confronti dell’amico alleato americano, il Presidente Ronald Reagan.
Senza entrare nei dettagli – meglio comprare e leggersi il libro ricco di dettagli e documenti riservati inediti – basti ricordare la vicenda rischiava di degenerare in uno scontro armato tra le forze militari italiane e quelle americane. Si risolse per il meglio grazie alla determinazione del leader italiano ed al buonsenso di quello americano. In quei delicati momenti, Craxi disse a Reagan “Siamo alleati, non servitori”e dopo alcune settimane di inevitabili tensioni tra i due Paesi, il Presidente americano inviò una lettera che iniziava con un “Dear Bettino …” e si concludeva con un confidenziale “Ron”. La stima del repubblicano Ronald nei confronti del socialista Bettino era nota, tanto che il primo definì il leader italiano come “un socialista che detesta il bolscevismo più del sottoscritto”.
Cito quella vicenda perché per uno che sul giro della vita si attesta attorno ai cinquanta bassi, rivivere quella storia, riporta inevitabilmente alla mente quei famosi e nostalgici anni 80 di una Milano da bere, dell’Università e di giovani più o meno rampanti. Un inciso, è un po’ quello che si respira oggi in città grazie soprattutto ad Expo.. e speriamo sia di buon auspicio.
Allora si poteva – come il sottoscritto – essere un fautore di Craxi pur non essendo socialista, come del resto il suo governo era sostenuto dal Partito Liberale con il suo segretario Altissimo che ne faceva parte come Ministro dell’Industria. Ti ritrovavi per certi versi ad essere un precursore post ideologico, dove le barriere storiche tra destra e sinistra, liberali e socialisti venivano superate nelle azioni di governo dalla personalità, dal carisma e soprattutto dal decisionismo del leader. In sintesi, potremmo dire una politica del fare, trenta anni fa …
Quindi, in una serata ancora mite da ottobrata romana, mentre cammini per il centro ancora pulsante di gente nei bar di una rediviva Milano, pensi ai corsi e ricorsi storici, alla contingente simpatia che provi per le azioni di un primo ministro segretario di un partito di sinistra. Un partito che peraltro lo infastidisce e dal quale non è stimato.
E pensi che avrebbe bisogno di un nuovo partito e che magari ci sarebbero le condizioni perché qualcuno lo possa aiutare. Qualcuno che non esitò a definirlo come un naturale esponente della sua parte politica, addirittura con tutte le caratteristiche per esserne il successore alla guida della sua creatura politica se non si fosse per caso trovato dall’altra parte, quella sbagliata.
Altrimenti si rischia di perdere un’altra occasione. E questa volta non per un’azione giudiziale a senso unico di Mani Pulite, ma per una semplice, assurda e colpevole stupidità.