Il secondo uomo più ricco del mondo, il magnate messicano Carlos Slim, ha deciso di entrare nel mondo della moda. Possiede una fortuna stimata in circa 77 miliardi di dollari e ha deciso di volerla impiegare anche nel settore dell’abbigliamento. Slim segue i passi di un altro miliardario, lo spagnolo Amancio Ortega (che ha un patrimonio di 63 miliardi di dollari), presidente di Inditex. A settembre Slim ha inaugurato i primi due negozi della catena di vestiti low cost Philosophy, con la quale cercherà di competere con marchi come H&M, Zara, Forever 21 e C&A. Investirà 30 milioni di dollari nei primi due anni.
IL VANTAGGIO DEL LUSSO
Il settore della moda è uno dei pochi uscito rafforzato dalla crisi economica mondiale. Dal 2008, l’industria dell’abbigliamento e del lusso ha goduto di una crescita a due cifre, grazie alla conquista di nuovi mercati a Oriente. Persino in Grecia, durante i giorni più neri della crisi, i negozi di Gucci, Chanel e Louis Vuitton hanno aumentato il loro fatturato. Un rapporto della London School of Economics spiega che si è trattato di un comportamento normale. Secondo gli economisti, quando c’è il rischio di una svalutazione della moneta e di una futura iperinflazione – come quella che si prevede se la Grecia abbandonasse l’euro -, la gente cerca beni che non perdano valore nel tempo, come auto, opere d’arte e articoli di lusso.
LA CRISI CINESE
La recente svalutazione della moneta cinese, invece, ha inciso negativamente sul mondo della moda. La crescita è rallentata in Cina e le grandi firme hanno registrato minori introiti. Quello di Pechino è uno dei principali mercati dove queste imprese hanno cercato di compensare il calo di consumi in Europa. Secondo l’agenzia di consulenza Bain & Company, se la Cina rallentasse ancora il settore del lusso potrebbe registrare vendite inferiori fino al 30%.
IL CROLLO DEI MARCHI
Durante i giorni del crollo della Borsa cinese, le azioni di Hugo Boss sono calate del 10% e le previsioni di crescita per il 2015 sono state ridotte, attestandosi tra il 3% e il 5%. Il marchio ha spiegato che la reazione è collegata ad un “comportamento anomalo”. “Mentre l’atteggiamento in Europa è stato in linea con le aspettative, le spinte al consumo in Asia e in America sono peggiorate molto”.
Il gruppo francese Lvmh ha comunicato un calo del 5% da luglio: “La caduta dei mercati finanziari in Cina durante l’estate ha pesato sulla moda”, ha detto Jean-Jacques Guiony, direttore finanziario del colosso, che gestisce più di 70 firme.
Anche le azioni di Burberry sono crollate in seguito alla crisi di Pechino. I titoli del marchio britannico sono scesi del 12%.