Roma, sabato 17 ottobre Teatro Adriana: Nasce Generazione famiglia, la rete associativa che collabora con tutte le altre realtà associative presenti sui territori che abbiano tra loro gli stessi fini: informazioni sulla fondamentale libertà sociale ed educativa; contribuire ad organizzare eventi culturali a favore della famiglia e contro iniziative che ne ledono la dignità e i diritti, difendere nelle scuole il diritto di priorità della famiglia nell’educazione dei figli anche su temi delicati come l’identità sessuale e le relazioni affettive contro l’ossessione del gender; intervenire con forme di aperta espressione dei propri valori e delle proprie istanze, sulle proposte non condivise di legge sulle unioni civili, contro l’ideologia diffusa del gender che minaccia lo sviluppo biologico dei bambini e bambine.
L’impegno assunto è di diffondere le nostre riflessioni e le nostre iniziative che comportano l’organizzazione di momenti di discussione con i genitori e gli insegnanti, la costituzione di circoli territoriali, l’iniziativa per il giorno 4 dicembre di non mandare a scuola i bambini come dimostrazione evidente di dissenso rispetto alla decisione, già avviata attraverso materiali diseducativi e la legge sulla mal riforma della scuola, di introdurre nelle scuole moduli formativi di gender. Alla tavola rotonda alla quale hanno partecipato numerosi esperti di temi sociali, si sono evidenziate convergenze straordinarie su come, insieme proseguire questo percorso. Vista la potenza di fuoco che i sostenitori delle teorie del gender hanno impiegato, era praticamente impossibile non doversi confrontare con esse, soprattutto se nel mio caso, i compiti istituzionali e professionali sono rivolti ad occuparsi di discriminazione , politiche sociali e del lavoro. Per sette anni sono stata consigliera nazionale di parità, orientata ad occuparmi delle discriminazioni che subiscono le donne nel lavoro, che sono ancora tante e per le quali, purtroppo, nonostante una buona legislazione a tutela, la maternità rappresenta ancora un prezzo maggiore da pagare per entrare e restare nel mercato del lavoro.
Pensiamo solo che il tasso di fecondità è da tempo sotto quello del ricambio naturale e a quanto ancora rimane da fare per sostenere l’occupabilità femminile e dunque anche le politiche attive. A un certo punto mi sono trovata a dover considerare che la questione principale, ma non per me e per le effettive situazioni in cui ci trovavamo nel mercato del lavoro, era diventata quella di natura sessuale con delle forzature evidenti, sia come impegno politico che di impiego delle risorse disponibili. Basta vedere quali sono le priorità dell’UNAR, l’ufficio presso la Presidenza del Consiglio che dovrebbe occuparsi di contrastare il razzismo e che invece è diventato il caposaldo delle teorie del gender.
Credo nella dualità, anzi nella complementarietà tra uomo e donna, nella vita e nel lavoro, e avverto una singolare sensazione di isolamento come se impiegassi il mio tempo a rammendare calzette. Se poi non mi adeguo alla moda delirante si rischia di uscire di scena e di non vedere apprezzato il proprio lavoro. Quando penso alla teoria sui nuovi diritti, mi torna in mente un verso di Dante, riferito ad una sovrana dell’antichità “Licito de’ ciò che libito in sua legge”.
Anche l’Unione Europea subisce le pressioni della lobby del gender: l’Europa è una specie di Paradiso terrestre dei diritti ed è vista come tale da milioni di povere persone che attraversano il mare e i confini per raggiungerla. Ma la crisi ha messo in evidenza che occorre ripensare in profondità i diritti soggettivi selezionando quelli che sono veramente fondamentali e meritevoli di tutela, perché indispensabili e non perché legati a mere pulsioni iper-soggettive e narcisistiche.
L’espansione esasperata dei diritti diventa esasperazione, talora appunto delirante. A fronte di risorse limitate bisogna scegliere le vere priorità. C’è poi da dire che ci sono delle verità nascoste: il CES a Parigi pochi giorni fa, dunque il Congresso dei sindacati europei, non ha neanche nominato la questione del gender tra le priorità ma ha rimarcato come peraltro la Road map della commissione Europea del 15 agosto, che la priorità sui diritti è il lavoro, la parità salariale, la lotta alla povertà. Ciò che succede nelle scuole oggi è mala/educazione perché la questione non è quella di non riconoscere le differenze. Per secoli gli omosessuali sono stati derisi e perseguitati ignobilmente, dobbiamo educare i giovani al rispetto degli altri anche perché ancora oggi, per esempio, succede che l’omosessualità, anche solo presunta, è oggetto di atti di bullismo sia maschile che femminile.
Ciò che è intollerabile è l’indottrinamento della teoria del gender, la pretesa di farne una filosofia di vita migliore di tutte le altre, a costo di sconvolgere persino l’antropologia. Nei secoli l’umanità ha conosciuto la poligamia e la poliandria prima di approdare all’idea del matrimonio. Ma di mezzo c’erano sempre uomini e donne, non persone dello stesso sesso. E al bambino che nasce da un utero in affitto nessuno pensa che razza di vita confusa tra sentimenti e realtà vivrà? E il diritto di un bambino e di una bambina in questa delirante scelta di coppie che vorrebbero risolvere la loro crisi di identità che sta alla base dell’omosessualità ignorando lo shock culturale provocato, chi ci pensa?
In buona sostanza dobbiamo con intelligenza e sapienza contrastare questa viscida e insana azione di penetrare nella testa e nell’anima dei nostri bambini per inculcare ciò che antiumanistico, antiscientifico, antiantropologico e aberrante: contrastiamo con tutte le nostre forze il pensiero unico perverso.