A leggere i giornali italiani par di capire che il Sinodo sulla famiglia si sia concluso con la vittoria dei progressisti capeggiati da Kasper e dalla cordata tedesca del cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera. Comunione ai divorziati risposati, porte apertissime a tutto tranne che agli omosessuali, sui quali ci sarebbe stato il veto degli africani (dicono i vescovi belgi).
Basta passare in rassegna le prime pagine dei giornali di domenica, dal Corriere alla Stampa, fino all’ultra papista Repubblica, che arriva anche a preconizzare nel viennese principe Schoenborn il successore di Bergoglio. Titoli uguali: “Sì alla comunione ai divorziati risposati”, con qualche accenno sparso qua e là alle divisioni emerse in assemblea (dopotutto il paragrafo più spinoso è passato solo per un voto, come ha sottolineato Matteo Matzuzzi su Formiche.net).
Poi si dà un’occhiata anche distratta ai giornali stranieri, e pare che il Sinodo percepito al di fuori dei patri confini sia stato un altro. Il più drastico è il Sunday Times, che mette in evidenza non tanto la questione dell’ostia ai divorziati, ma l’altro tema caldo della discussione: “Il Papa attacca i vescovi per aver bloccato la riforma gay”, che poi sarebbe l’apertura alle unioni omosessuali.
Il Telegraph è laconico: “Il Sinodo si è chiuso. Niente di sostanziale è cambiato”. Duro è il Wall Street Journal, secondo cui “i vescovi portano il Papa alla sconfitta sull’apertura ai cattolici divorziati”, mentre il New York Times parla di un documento finale che è aperto a ogni interpretazione, tanto che tutti possono dire d’aver vinto.
Perfino il País, in Spagna, nota che “il Sinodo della famiglia si chiude senza soddisfare le aspettative del Papa”. Eccezione è il francese Figaro, che parla di vittoria del Papa: ma non tanto per il documento partorito dall’assemblea, quanto perché si sa già con ragionevole certezza che Francesco si muoverà in autonomia e spalancherà le porte prudentemente aperte dai vescovi riuniti a Roma nelle ultime tre settimane.
Davanti a una siffatta rassegna stampa, il fedele che non passa le ore a leggere i bollettini vaticani o a spulciare i siti internet, rischia un cortocircuito cerebrale. Possibile che tutti siano caduti in errore e che solo gli italiani abbiano azzeccato tutto? O forse non è che gli italiani sono accomunati da una pulsione che rischia di annebbiare? Ormai la vaticanistica nostrana è diventata una battaglia tra schieramenti: da una parte quelli della vecchia guardia insofferenti al nuovo corso, dall’altra gli entusiasti che arrivano spesso a fare i laudatores non richiesti d’ogni azione o gesto papale.
E così va anche riguardo il Sinodo. Il Papa ha lodato Kasper che vuole la comunione per i divorziati risposati? Ecco che allora l’apertura prudente diviene subito la sconfitta dei conservatori. Schema che esiste solo in Italia. Sulla questione in oggetto, alla fine, basterebbe star a sentire quelli che la relazione l’hanno votata: da destra e da sinistra, se le semplificazioni da politica parlamentare hanno ancora senso per la Chiesa.
Tutti (o quasi) gli assennati padri dicono che si fa sì discernimento, cioè si guarda al caso specifico, ma con regole chiare e prese dal Magistero cattolico, a partire da quel che ha insegnato e scritto Giovanni Paolo II, fatto santo da poco e proprio da Francesco definito a più riprese “il Papa della famiglia”.
Dire che non è cambiato niente è da stolti, naturalmente: dopotutto non avrebbe avuto senso un Sinodo convocato per non cambiare niente rispetto a trent’anni fa. Ma dire che è stata fatta la rivoluzione e che quella nata sabato è una nuova Chiesa “della tenerezza” (leit motiv abbastanza abusato di questi tempi) è quantomeno avventato, se non fosse che la brama da tifo arriva ovunque.