Il governo abbozza un strumento di lotta alla povertà. Matteo Renzi in questi giorni ha più volte detto che nella legge di Stabilità ci sarà un intervento a favore dei bambini poveri, che in Italia sono più di un milione. Non sarà un reddito minimo o un reddito d’inclusione, ma piuttosto è molto probabile che sarà ricalcato lo schema della social card. E sì perché i fondi a disposizione sono limitati: Al massimo un miliardo di euro ma più probabilmente 800 milioni. “Un primo risultato, basta che sia strutturale”, dicono dall’Alleanza contro la Povertà che domani a Roma, in un convegno, tornerà a chiedere all’esecutivo interventi efficaci e duraturi.
RINASCE IL SOSTEGNO DI INCLUSIONE ATTIVA (SIA)
L’intervento del governo dovrebbe ripercorre quanto previsto dal governo Letta. Dunque il vecchio ”Sia”, sostegno di inclusione attiva, nato con l’ex ministro Enrico Giovannini e sperimentato solo in undici grandi città (Roma non fece in tempo a pubblicare il bando). In sostanza un assegno da distribuire a famiglie con figli piccoli (o minorenni), prendendo ancora una volta come riferimento un reddito Isee, si vocifera un massimo di 3 mila euro ma questa cifra potrebbe essere alzata per allargare la platea dei beneficiari. Va infatti considerato che la social card aveva una soglia di circa 6 mila euro. Nel “pacchetto” rientrerebbero anche l’obbligo per le famiglie di mandare i figli a scuola e per i capo famiglia di sottoporsi a un obbligo formativo.
I COMUNI AVRANNO UN RUOLO NELL’IDENTIFICARE I BENEFICIARI
Da inizio 2015 ad oggi, solo il 4% di chi ha presentato una domanda ISEE ha un reddito sotto i 3 mila euro. E fondamentale in questo meccanismo sarà il ruolo dei comuni che dovranno informare i cittadini chi nei fatti hanno diritto a questa forma di aiuto. Una strada in qualche modo indicata anche da Giuliano Poletti: ”Stiamo cercando di costruire con l’associazionismo uno strumento per la lotta alla povertà e per l’inclusione sociale”, ha spiegato con parole simili a quelle di Edoardo Patriarca, componente della Commissione Affari sociali. Il Pd, sottolinea, sta infatti cominciando ”a lavorare affinché anche in Italia ci sia uno strumento di protezione universale, che non sia assistenzialismo e che sia invece legato alla qualificazione professionale e al riscatto sociale”. L’impressione però è che la partita si giochi più a livello di palazzo Chigi e di ministero dell’Economia, che di ministero del Lavoro.
UN PRIMO PASSO PER L’ALLEANZA CONTRO LA POVERTÀ MA SI PUÒ FARE DI PIÙ
Ci vuole vedere chiaro l’Alleanza contro la Povertà, un cartello di 35 associazioni tra cui Acli, Caritas e Confcooperative, che domani avanzerà le sue richieste al governo e che comunque per bocca di Francesco Marsico della Caritas considera “un primo passo” la proposta dell’esecutivo. L’Alleanza propone il cosiddetto Reis, un mix di azioni che comprende il sostegno al reddito familiare, per arrivare alla soglia Istat di povertà assoluta, e servizi come l’assistenza psicologica e di cura. Dunque un intervento limitato alle famiglie in povertà assoluta, nel 2013 era in questo stato il 6,8% dei nuclei, e universale: basterebbe essere residenti e non necessariamente disoccupati.
UNIMPRESA: 9 MILIONI GLI ITALIANI A RISCHIO ESCLUSIONE
Per Unimpresa, gli italiani a rischio di povertà sono circa nove milioni. Ai “semplici” disoccupati vanno aggiunte infatti ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Si tratta di un’enorme area di disagio: agli oltre 3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommar anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (740mila persone) sia quelli a orario pieno (1,66 milioni), vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (802mila), i collaboratori (349mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,5 milioni).