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FCA, che cosa non torna nelle bacchettate di Bruxelles

Di Francesco Sciaudone e Andrea Neri

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Con decisione del 21 ottobre, la Commissione europea ha dichiarato che un ruling fiscale emesso nel 2012 dalle autorità del Lussemburgo viola le norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, in quanto conferisce un vantaggio selettivo alla società di finanziamento del gruppo FCA. Pertanto, il gruppo dovrà versare alle autorità fiscali lussemburghesi circa 20-30 milioni di Euro a titolo di recupero dell’aiuto.

La Commissione ha valutato il provvedimento con il quale le autorità del Granducato hanno determinato, mediante l’applicazione di complesse metodologie, le imposte dovute dalla Fiat Finance and Trade (oggi Fiat Chrysler Finance), società che fornisce servizi di finanziamento alle altre società del gruppo FCA. Nella decisione si accerta che il ruling avrebbe diminuito artificiosamente il livello degli oneri fiscali. Ciò conseguirebbe dall’assunzione di stime ingiustificatamente ridotte sia della base di capitale (ben inferiore al capitale effettivo della società FFT) che della sua remunerazione (parimenti inferiore rispetto ai tassi di mercato).

La decisione della Commissione sarà pubblicata solo nei prossimi giorni. Tuttavia, i comunicati stampa ufficiali divulgati da Bruxelles consentono di delineare sin d’ora alcune riflessioni critiche, che alla luce dell’esame della decisione potranno tradursi, se del caso, in censure da sottoporre ai giudici di Lussemburgo.

Un primo rilievo deriva dal fatto che la decisione resa sul caso FCA, così come le ulteriori decisioni di recupero degli aiuti che potranno seguire per altre multinazionali, potrebbero essere state in qualche misura condizionate e viziate da un eccesso di zelo nel perseguimento di un (pur condivisibile) obiettivo di policy. Non si può fare a meno di notare che sempre in data 21 ottobre, la Commissione ha assunto varie iniziative oltre alla decisione FCA.

Da un lato, la Commissione ha censurato nei confronti delle autorità olandesi un altro provvedimento fiscale adottato nel 2008 a favore del gruppo Starbucks, che dovrà versare almeno 20 milioni di Euro a titolo di recupero dell’aiuto. Ulteriori decisioni di recupero degli aiuti potrebbero scaturire a conclusione di analoghe indagini, ancora in corso, che riguardano Amazon in Lussemburgo, Apple in Irlanda e un regime fiscale belga.

Al contempo, la Commissione ha istituito un Board indipendente per monitorare l’attuazione delle norme europee in materia di sorveglianza fiscale, non adeguamento e appropriatezza delle politiche fiscali nazionali. Quest’ultimo intervento è diretto a perfezionare un sistema di monitoraggio che per molti anni, evidentemente, non ha funzionato nel migliore dei modi, per ragioni ascrivibili alla stessa Commissione e alle autorità nazionali più che alle imprese europee, che hanno maturato un legittimo affidamento circa i meccanismi fiscali convalidati da quelle stesse autorità.

In tal senso, almeno in alcuni casi di particolare complessità, il recupero integrale degli aiuti presso l’impresa beneficiaria potrebbe risultare lesivo di quell’affidamento, oltre che del principio di proporzionalità.
Sotto altro profilo, nel caso FCA la Commissione ha esercitato, per la prima volta, i poteri d’indagine introdotti dal Regolamento n. 734/2013.

Questi poteri autorizzano la Commissione a richiedere dati di mercato e informazioni non soltanto allo Stato membro interessato, ma anche alle imprese, incluso il beneficiario del presunto aiuto e i suoi concorrenti. Al momento non è chiaro se gli accertamenti della Commissione si siano fondati anche su dati forniti dalla FFT su richiesta della stessa Commissione. In tale scenario, una simile iniziativa potrebbe forse porsi in contrasto con il diritto delle imprese a non autoincriminarsi. Un diritto già espressamente riconosciuto, in materia antitrust, dai regolamenti e dalla giurisprudenza, e di cui si potrebbe invocare l’applicazione anche nel settore degli aiuti di Stato.

Con riferimento a entrambi i profili, la logica ferrea delle censure della Commissione potrebbe passare per il vaglio giurisdizionale: già prima che la decisione fosse nota, il gruppo FCA ne aveva contestato gli esiti anticipati da varie fonti, replicando che il ruling fiscale persegue esigenze di certezza, si basa su metodologie riconosciute e, in definitiva, non configura un aiuto di Stato.


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