Tutti noi musulmani siamo terroristi. Tutti fondamentalisti. Retrogradi. Oscurantisti. E l’organizzazione dello stato islamico? È il nostro modello, il nostro sogno. Tagliare le gole fa parte della nostra cultura. Odiamo la libertà, la democrazia e amiamo il totalitarismo. In Occidente veniamo per un solo obiettivo: impoverire gli infedeli ed islamizzare l’Europa con i nostri usi e costumi.
Potrei andare oltre ma mi fermo qui perché è già abbastanza per creare un mostro. Ma forse no. Per creare davvero il mostro serve che i pregiudizi riescano ad entrare nel verbo delle istituzioni e allora sì, tutti possono dire senza paura e senza vergogna che tutti i musulmani sono terroristi.
In Italia ci proviamo da un po’, ma solo in questi mesi finalmente si è riusciti a toccare il fondo, e non a una chiacchierata al bar sotto casa, ma proprio per voce di una rappresentante delle istituzioni, con tanto di interrogazione parlamentare alla Camera. Per la sua dichiarazione su Facebook, dove articola la sua proposta per combattere il terrorismo in Italia: “Basta immigrazione da paesi musulmani”. “Porte chiuse – spiega – finché non avranno risolto i problemi di integralismo e violenza interni alla loro cultura”. La ex Ministra per la Gioventù Giorgia Meloni chiama il suo hate speech libertà di espressione e riesce a conquistarsi non solo la visibilità dei media ma anche un richiamo disciplinare al Direttore dell’UNAR, Marco De Giorgi, reo di aver fatto il suo lavoro, scrivendo alla deputata che “una comunicazione basata su generalizzazioni e stereotipi non favorisce un sollecito e adeguato processo di integrazione e coesione sociale”. Quindi chiede alla Meloni “di volere considerare in futuro l’opportunità di trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore”.
Naturalmente la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni con la quale, quando era ministro per la Gioventù, ebbi anche l’occasione di presentare insieme una ricerca proprio sull’integrazione delle seconde generazioni di musulmani in Italia, deve avere ora altri obiettivi e progetti, di certo lontani dalle belle parole da ministra che in quell’occasione espresse e discusse con commozione in quell’evento. Ora non è tempo di integrazione dei musulmani in Italia, ma è tempo di fermare tutti gli immigrati che arrivano da paesi musulmani, perché sono dei terroristi. Complicato poi ricordare alla Meloni che i figli degli immigrati musulmani che tanto apprezzò in quell’occasione sono figli anche di quei paesi lì.
Complicato sì, anche perché oggi è il tempo del populismo, della paura, della xenofobia e della povertà delle idee, che con il coraggio dell’ignoranza oggi riescono a conquistare popolarità e voti. Infatti il contesto nel quale s’inserisce l’invettiva razzista della Meloni è molto favorevole oggigiorno e non solo in Italia, ma in molti paesi d’Europa, come dimostrano le dichiarazioni del presidente ungherese che, con la scusa di chiudere le proprie frontiere, ha gridato all’invasione: “sono in pericolo le radici cristiane dell’Europa a causa del numeroso arrivo dei profughi siriani, e quindi musulmani”. Poi non dimentichiamo negli Stati Uniti le parole del candidato repubblicano Carson in mondovisione: “non vorrei un musulmano alla Casa Bianca”.
Questi sono solo alcuni esempi che hanno preso spazio nei media, ma la verità è che il verbo xenofobo e anti islamico in Europa è non solo sdoganato ma istituzionalizzato, e il caso Meloni rappresenta la nostra entrata nel club di questa brutta pagina della nostra Storia. Solo pochi giorni fa a Bruxelles sono stati divulgati i dati del sondaggio sui rischi di discriminazione europea dove è emerso che l’islamofobiaè ormai come l’antisemitismo negli anni Venti.
Ma da oggi, e dopo 25 anni, in Italia ho per la prima volta la deprimente certezza che nemmeno le istituzioni possano difendermi. Che la mia storia di nuova italiana e musulmana in questo paese che provo a raccontare, analizzare e coltivare giorno per giorno, sia stata svuotata e che non valga più nulla, nel racconto di quest’Italia destinata a crescere, cambiare e trasformarsi anche grazie alla diversità che fatica a riconoscere.
Maneggiando due culture, quella italiana di adozione e l’atra marocchina di origine, ho imparato che i pregiudizi della gente si possono combattere con il tempo, la pazienza e la lungimiranza, ma l’istituzionalizzazione del pregiudizio no, quella è una macchia indelebile che rimane nella memoria della più alta istituzione di un paese. Ed è proprio di questa macchia che si è sporcato il governo, non segnalando quale sia la differenza tra la libertà di espressione e quella di discriminazione in base a religione ed etnia. Concetti chiari anche nella nostra Costituzione italiana.
Delegittimare l’UNAR con un procedimento disciplinare è uno schiaffo ai diritti. Un’occasione persa, in un momento complicato dove ci troviamo di fronte ad una grande minaccia, che è al tempo stesso la nostra sfida. Quella al terrorismo, che colpisce prima di tutto i musulmani nel mondo e a cui, invece di unirci per combatterlo, permettiamo a populisti e xenofobi di aizzarlo, valorizzarlo, cancellando con quel ‘tutti i musulmani sono terroristi’ miliardi di musulmani nel mondo che nulla sanno o per niente credono nel messaggio fascista di Daesh.
Ci stupiamo del successo nella comunicazione di Daesh e della sua capacità di conquistare giovani da tutto il mondo, ma non ci chiediamo perché noi abbiamo fallito in questo, perdendo migliaia di giovani. Cosa abbiamo fatto noi e da qui, dall’Europa, per ribaltare il messaggio del terrore fondamentalista che pretende di richiamarsi all’Islam? Niente. Con il niente lo abbiamo dopato. Con il nostro vuoto, che è uguale allo spazio dato alla stragrande maggioranza di musulmani nel mondo che aborrono quel mostro, gli abbiamo regalato migliaia di adepti. Zero spazio nel racconto, nell’analisi, nella denuncia o semplicemente nel sostegno e fiducia, sono il fallimento della nostra lotta contro il fondamentalismo.
E infine, continuando a riconoscere il fascismo del Daesh come la casa dell’Islam (tutti i musulmani sono terroristi) si è dato potere alla barbarie calpestando i corpi di milioni di musulmani perbene che sono la maggioranza.
Una maggioranza silenziosa e che non vede spazio, nemmeno intellettuale, per poter combattere questo mostro. E in più si trova ad essere minacciata da populismi e becera xenofobia per qualche voto in più. Certamente, l’Islam, Il Medio Oriente, per quello che sta vivendo, come scrisse Alberto Negri sul Sole24Ore, è così raso al suolo da entrare nell’anno zero, dove è tutto da ricostruire. Ma anche qui c’è molto da ricostruire, a partire dalle parole: noi musulmani non siamo tutti terroristi, non siamo fondamentalisti e nemmeno retrogradi e oscurantisti, perché se lo fossimo davvero non avremmo accolto nella nostra storia genti dall’Occidente, dall’India, un incontro che ci ha permesso di arricchirci in una pluralità straordinaria. L’organizzazione dello stato islamico è il nostro cancro, il male della nostra epoca, il nostro anno zero. Quello che ci sta uccidendo ma ci farà rinascere facendo chiarezza. La democrazia e la libertà si conquistano e noi la battaglia l’abbiamo già iniziata.
Siamo in Europa, come raccontano le prime storie di emigrazione dell’essere umano, per migliorare le nostre condizioni di vita, semplicemente.
Noi musulmani non siamo perfetti, ma siamo esseri umani con luci ed ombre e la nostra storia è in serio pericolo. Abbiamo bisogno di sostegno, coraggio e spazio per migliorarci e non dell’istituzionalizzazione dell’islamofobia.
@karimamoual