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Ignazio Marino molla il Campidoglio. La rassegna stampa di Spin

Di Spin

Ecco “7su7″, la rassegna stampa ragionata del team di comunicazione strategica SPIN (Strategy Politics Image Newsmaking)‎

Oggi 7 su 7 è praticamente monotematica. La rassegna è quasi tutta incentrata sui commenti alle dimissioni del sindaco di Roma Ignazio Marino. Dimissioni che mettono tutti d’accordo. C’è spazio per Palenzona indagato e un’intervista del Corriere a Montezemolo.  

Il sindaco dimissionario di Roma rilascia un’intervista a Massimo Gramellini alla Stampa: «Ho rotto le uova nel paniere del consociativismo politico. Ho riaperto gare di acquisti beni e servizi che erano in prorogatio da una vita. Ho tolto il business dei rifiuti a una sola persona e il patrimonio immobiliare a una sola azienda che ha incassato dal comune 100 milioni negli ultimi anni, la Romeo». E ancora: Non sono mai andato nei salotti e alle cene della Roma che conta. Non ho mai frequentato il mondo che in passato era abituato a decidere assieme alla politica le strategie economiche della città. Io alla terrazza ho sempre preferito la piazza. E vorrei ricordare che il 5 novembre avverrà un fatto storico: Roma sarà parte civile nel processo di Mafia Capitale. Noi abbiamo tagliato le unghie a chi voleva mettere le mani sugli affari».

I commenti di quotidiani sono quasi tutti caustici. Non quello dell’Unità, del suo direttore Erasmo D’Angelis che scrive: “Non aveva probabilmente l’abilità, non è mai scattato il feeling con la città, non ha avuto un partito coeso e orgoglioso alle spalle e nemmeno la fortuna dalla sua”.

Quasi un endorsement se paragonato a Fabrizio Roncone sul Corriere: “La città, intanto, agonizza.
 Sporca, insicura, strangolata dal traffico.
 La decisione di pedonalizzare via dei Fori Imperiali – il provvedimento con cui Marino si era presentato ai romani – peggiora la viabilità di interi quartieri. Altri quartieri insorgono per motivi diversi: a Tor Sapienza si scatena la caccia all’immigrato e Marino arriva in ritardo, dimostrando di non conoscere il territorio, la struggente rabbia di certe periferie”. Roncone riporta anche la testimonianza del capogruppo della lista Marchini sulle bugie di Marino anche per l’uso della bicicletta: “lui girava bello comodo in macchina e poi, cinquecento metri prima di arrivare all’appuntamento, arrivava un furgone e dal furgone gli scaricavano la bici”.

Anche Repubblica non scherza. Ecco due passaggi di Francesco Merlo: «Mangiare a scrocco è una delle istituzioni dei Paesi mediterranei dove lo sbafo è perdonato al “nobile in miseria” e ai “poveri ma belli”, mai ai falsi onesti. E la truffa degli scontrini va bene per il Rugantino, che è il lazzarone per eccellenza, ma non per il sindaco della vanagloria.” E “Pensammo pure che il Papa della misericordia avesse voluto esageratamente punire il tontolone imbucato a Filadelfia. Ora sappiamo che lo Spirito Santo gli aveva mostrati gli scontrini. In fondo prima dei camerieri romani è stata Sua Santità a licenziare Marino, a smascherare la sporcizia del suo candore”.

Per il direttore del Messaggero Virman Cusenza è l’epilogo di un’operazione politica sbagliata e di danno di immagine planetario per la città di Roma a causa del fallimento della giunta Marino: “Una litania di insuccessi: dalla paralisi amministrativa alla invivibilità quotidiana”. Cusenza scrive di napoletanizzazione di Roma (attribuendola a qualche fantomatico ingeneroso buontempone).

Anche nel centrodestra esultano. “Roma liberata” è il titolo dell’editoriale di Salvatore Tramontano sul Giornale. “Roma festeggia la liberazione” è l’attacco del fondo dei direttore del Tempo Gian Marco Chiocci.

Non manca la solita polemica sul fallimento della cosiddetta società civile. A questo proposito Marco Travaglio sul Fatto scrive così: «Il centrosinistra montò su quel taxi intestandoselo come “società civile” e riuscendo a nascondere il suo pedigree politico di uomo di D’Alema (in Parlamento e alla fondazione Italianieuropei) sposato dalle correnti che spadroneggiano in città: dalemiani, veltroniani (vero Bettini?), rutelliani, zingarettiani ben contenti di rifilare all’allegro chirurgo il cetriolo di una città già morta e fallita. Anche i boss di Mafia Capitale dissero che col marziano un gancio si trovava, nella vecchia politica che gli stava dietro e nell’apparato burocratico che non muore mai. I palazzinari che controllano la stampa capitolina ci giocavano come con i pupazzi: lo coccolavano quando assecondava i loro interessi e lo infilzavano con gli spilloni quando li ostacolava».

Repubblica intervista Matteo Orfini, commissario del Pd a Roma: «Ho provato a salvarlo ma lui fa troppi errori. Si è definitivamente chiuso un capitolo, ormai si era rotto il rapporto con la città».

Stefano Folli, sempre su Repubblica, si sofferma sul Pd: «Quattro mesi buttati, l’immagine deteriorata e la strada in salita del voto. È il prezzo pagato da Renzi per Marino».

Giuliano Ferrara sul Foglio si rifugia nel “ve l’avevamo detto”, ricordando quando il suo quotidiano denunciò una vicenda analoga di note spese gonfiate ai tempi dell’università di Pittsburgh”, e ricorda che lui votò Alemanno. L’articolo comincia così: “Tutti coloro che hanno votato per Ignazio Marino sindaco di Roma dovrebbero guardarsi nello specchio, arrossire pieni di vergogna, e far seguire una giornata di lutto democratico. Altro che dargli addosso ora che è spacciato”. Sul Foglio anche Massimo Bordin si arrende: “Niente da dire se non ammet
tere l’errore. Marino è proprio
 quel tipo umano che questo giornale, molto prima della sua ascesa in Campidoglio, aveva tratteggiato per classificarlo. Roboanti discorsi sull’etica ma piccoli imbrogli. Mi arrendo”.

“Roma merita onestà” scrive Danilo Paolini nell’editoriale di Avvenire.

Tira un sospiro di sollievo anche Carlo Verdone intervistato dal Secolo XIX: “Meno male, ha fatto bene a dimettersi. Ormai non passava più nemmeno per un eroe. L’avevano abbandonato tutti. Il vicesindaco, due assessori, il Pd, Sel. Quando è finita è finita. E adesso mi va bene qualsiasi cosa. Anche i Cinquestelle, se hanno idee, uomini giusti che non perdono tempo”.

Del futuro di Roma scrive Goffredo De Marchis su Repubblica: «Renzi ha già deciso: “Niente primarie, il nome lo scelgo io”» E i nomi sono quelli del prefetto Gabrielli, di Giachetti ma anche Mauro Moretti, Lanzillotta, Gentiloni.

Il Tempo intervista Franco Fiorito, ex capogruppo Pdl nel Lazio condannato per peculato: «Soltanto io in carcere per gli scontrini»

Altro. Dell’indagine su Palenzona a Firenze scrivono sul Corriere Giovanni Bianconi e Fiorenza Sarzanini: “Palenzona è accusato di aver favorito un imprenditore vicino al boss Matteo Messina Denaro”.

Del personaggio Palenzona scrive Gianluca Paolucci sulla Stampa: “Quel banchiere-camionista crocevia tra finanza e politica”.

Il Corriere intervista Luca Cordero di Montezemolo: «Renzi ha riportato fiducia ma ora serve una fase due. Serve una riforma che attacchi le lentezze dello Stato e qualche ministro di maggio peso perché il premier da solo non basta».

Alberto Negri in prima pagina sul Sole scrive del ritorno della guerra fredda.

Repubblica scrive  – smentendo l’apertura di ieri del Corriere – che “Roma congela i Tornado per l’Iraq: «Meglio concentrarsi sulla missione libica»”.

Infine il Corriere intervista il cardinale Schönborn: «Il divaolo è una realtà e vuole dividere i vescovi. Non cadiamo nella tentazione di fare partiti».


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