Passata la festa, gabbato il Santo. Marino si è dimesso e ora tutti i suoi detrattori dimenticheranno rapidamente i vantaggi di queste dimissioni. Perché non ce ne sono.
Finalmente, lontano dalla contingenza della quotidianità politica, avvilita da tempo dalla sindrome degli scontrini, inaugurata dal Movimento 5 Stelle, il personaggio Marino può finalmente liofilizzarsi nel mare placido della letteratura. La sua fine è patetica come quella Akakij Akakievič.
Ma attenzione, se la patetica inadeguatezza di Marino fa venire le vertigini come i tentativi di Akakij di riprendersi il cappotto rubato da un gruppo di balordi, non rimane che gogolare la vicenda per scoprire come andrà a finire per tramite dell’immaginazione del maestro russo. Il fantasma di Marino vagherà per Roma, dai Fori fino al Vaticano, per riprendersi il suo amato cappotto. E chissà, in un fantastico colpo di regia, si placherà solo quando riterrà di aver trovato quello che cercava, proprio sotto la porta Santa.
Il cappotto di Marino
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