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Cosa penso del premio Nobel per l’Economia Angus Deaton

Per cosa ha ricevuto il premio Nobel Angus Deaton? Per aver seriamente e con grande coerenza studiato per 40 anni come misurare le funzioni di domanda, il comportamento dei consumatori e gli indicatori empirici del loro benessere. Il libro di due anni fa, che tutti citano, è ovviamente un libro popolare ma dietro ci sono molti anni di ricerca seria ed applicata. Ottimi lavori, grande scuola, grande perseveranza. Ma se mi chiedete “qual è l’idea chiave di AD?” io non so rispondere. Altri forse saranno capaci, io no. E credo di conoscere decentemente quel che ha scritto. È una delle circa 10 persone che, nel mondo, hanno più coerentemente applicato la teoria economica della scelta (intertemporale, ossia dinamica, ossia non solo di cosa mangio oggi ma anche di cosa mangio domani se oggi mangio questo e risparmio quello …) del consumatore ai dati microeconomici. Ha avuto alcune brillanti idee (specialmente nel lavoro iniziale con Muellbauer sui sistemi “ideali” di domanda, che purtroppo in inglese danno un acronimo sfortunato: AIDS, contento Giovanni?) su come semplificare la teoria economica astratta per poterla fare interagire con i dati empirici, specialmente micro. È stato, insomma, uno dei precursori (ma, ripeto, potrei citarne almeno altri 7 o 8) dei modelli “strutturali” e certamente un grande difensore (non a parole ma nei fatti) del ruolo essenziale che la teoria economica svolge nell’interpretare i dati. I dati non parlano da soli, da soli fanno solo casino. O ben hai un minimo (anche più di un minimo) di teoria economica con cui cercare di ordinarli o i dati dicono tutto ed il contrario di tutto. Basta leggere certi blogs per capirlo … Siccome condivido questo approccio metodologico così tanto da considerare il suo opposto una totale imbecillità (purtroppo di moda) sono certamente contento che Deaton sia stato premiato.

5) Un’interpretazione “politica” è che nel scegliere Deaton gli amici svedesi abbiano voluto prendere non due ma tre piccioni con una fava. (1) Premiare il lavoro empirico che vuole essere utile, misurare cosa fanno le famiglie ed i consumatori, misurare i livelli di benessere e povertà, dare indicazioni utili su cosa porta a consumare/risparmiare cosa e cosa migliora il benessere degli individui, rendere consapevoli che la “politica” ha dei limiti obiettivi e che non è per niente facile trovare politiche che migliorino rapidamente le condizioni di vita della gente. Ed anche, specialmente nei lavori suoi e di altri degli ultimi anni, rendere evidente sulla base dei dati che non è per nulla vero che va sempre peggio: miliardi di persone vivono oggi molto meglio di quanto abbiano mai vissuto gli esseri umani sulla faccia della terra. Non è cosa da poco e, per questo, il premio va bene. (2) Dare un premio alla coerenza teorica e metodologica nella ricerca economica. Deaton persegue in maniera indefessa e da 40 anni una strategia di ricerca d’altissimo livello che combina la teoria economica con i dati micro ed i migliori, o quasi, metodi statistici. Lavoro serio, difficile, che non finisce sulle prime pagine dei giornali (son certo che il grande pubblico manco sapeva chi fosse prima del 12/10/2015) e non fa apparire come dei “geni” ma che, alla fine, lascia una traccia e crea una scuola che produce ricerca seria. (3) Sottolineare che certe mode – che Deaton ha negli anni recenti attaccato anche con una certa brillantezza (altri direbbero “pesantezza” ma io, si sa, amo chi parla esplicito) – tali rischiano di essere: mode che fanno finta di trovare soluzioni rapide a problemi difficili. e poi le soluzioni rapide sono cazzate, un po’ come risolvere il dramma dei rifugiati sparando sui barconi … Qui sto facendo ovviamente allusioni che solo gli addetti ai lavori capiranno e non voglio infilarmi in un dibattito nominalistico su chi fa cazzate e chi non le fa nel lavoro applicato su dati microeconomici nel campo del “development”. Chi fosse curioso di capire meglio il messaggio che, a mio avviso, i colleghi svedesi han voluto lanciare può leggersi, con una certa pazienza, l’articolo di Angus Deaton discusso qui.

Well, that’s all I have to say for now, folks.

(estratto di un articolo più ampio pubblicato sul blog Noisefromamerika)



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