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Perché non sfiduciare Marino nell’assemblea capitolina?

Di Ettore Bonalberti

Era già accaduto negli Usa che Ignazio Marino incappasse in una storia di rimborsi controversi e messo alla porta all’University of Pittsburgh Medical Center in cui prestava servizio.

Anche a Roma, nell’esercizio delle sue funzioni di sindaco, il noto chirurgo si ritrova alle prese con scontrini e ricevute oggetto di inchieste giudiziarie.

Per un sindaco eletto con oltre il 60% dei voti degli elettori romani  sembrerebbe una colpa abbastanza inconsistente, seppur da non sottovalutare, per il tipo di sfratto preparatogli dal  suo partito, in corso d’opera nei minuti in cui si scrive questa nota.

Al di là  dei demeriti del “marziano” nello svolgimento della suo incarico in una città quanto mai complessa e difficile da amministrare, si resta stupiti del modo in cui si sta consumando l’ultimo atto di questa indecente commedia.

Spiace che un partito come il PD, frastornato dalle  faide interne romane e squassato da “Mafia capitale”, abbia impedito che la parola fine fosse scandita da un aperto e pubblico dibattito nella sede istituzionale competente del consiglio comunale capitolino.

Si è preferito assegnare al commissario-federale Matteo Orfini il compito di organizzare lo sciogliete le righe con dimissioni depositate presso il notaio. Pericoloso precedente, assai raro nella storia delle amministrazioni comunali locali dopo la riforma che ha sancito l’elezione diretta del primo cittadino.

E’ l’ennesimo segnale dei tempi tristi in cui ci tocca vivere, un precedente pericoloso.

Ettore Bonalberti

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