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In Europa per cambiare la musica occorre cambiare i suonatori

La cronaca riferisce che nell’incontro a Bruxelles al quale hanno presenziato la Merkel e Hollande, la Cancelliera abbia ammesso che l’euro è stato concepito male, ma non ha detto che cosa debba essere fatto per essere corretto.

Affermazione grave la prima, almeno quanto lo è l’omissione della seconda. E’ chiaro che, se non cambiano i musicisti, la musica non cambia e la DE, l’Europa Disunita, continua imperterrita a marciare contro se stessa. Il risultato, l’ho scritto più volte, non sarà la fine dell’euro, che fa troppo comodo ai gruppi dominanti, ma il degrado dei Paesi più deboli.

Il FMI nega questa conclusione e sostiene che l’Italia può crescere più della Germania sulla base dei risultati del loro modello econometrico che stima una maggiore crescita dell’Italia nel biennio 2015-2016 di 10 centesimo di punto all’anno rispetto alle previsioni. Notoriamente gli econometristi non sono farmacisti che preparano pozioni al centesimo di grammo e quando riescono a valutare le macrovariabili hanno in genere il buon gusto di fornirle con cautela e dotarli di un coefficiente di probabilità che si verifichino.

E la conferma che, se non si cambiano i musicisti, la musica non migliora: quella che si può definire “la sinfonia della presa in giro” sulle reali condizioni dell’Europa e del Paese da parte dei governanti, pur capendole bene, continua a essere nel cartellone dello spettacolo politico.


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