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Chi è Charamsa, il teologo gay del Vaticano. Idee, tesi e curiosità

Un fine intellettuale, un docente universitario autore di numerose pubblicazioni, un teologo e canonista di alto livello, di formazione culturale mittel-europea, conoscitore di diverse lingue. Da un certo punto di vista, un sacerdote lontano dallo standard bergogliano, più avvezzo a frequentare aule universitarie e biblioteche che non parrocchie e fedeli. E’ anche un prete social, attento alle vicende autonomiste della Catalogna e da sempre legato alla sua terra madre, la Polonia. Ecco chi è monsignor Krzysztof Olaf Charamsa, 43 anni, il teologo del Vaticano la cui intervista odierna al Corriere della Sera in cui rivela la propria omossessualità e di avere un compagno, sta scuotendo la Chiesa cattolica a pochi giorni dall’apertura del Sinodo sulla famiglia. Tanto che con un intervento di questa mattina, padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha annunciato la revoca degli incarichi alla Congregazione per la Dottrina della Fede e nelle Università pontificie.

LA LUNGA FORMAZIONE DI “CRIS”

Nato il 5 agosto del 1972 a Gdynia, città portuale nel nord della Polonia che si affaccia sul mar Baltico nella baia di Danzica, Krzysztof Olaf Charamsa – per gli amici “Cris” – è stato ordinato sacerdote all’età di 25 anni nella Diocesi di Pelplin dopo il diploma di maturità scientifica e gli studi di filosofia nel seminario maggiore di Pelplin affiliato alla Pontificia Università Lateranense. Gli ultimi 5 anni di formazione prima dell’ordinazione li ha trascorsi alla Facoltà di teologia di Lugano, in Svizzera (con un breve passaggio come borsista all’Institut Catholique de Paris nel 1994), dove ha ottenuto il baccellierato in teologia nel 1996 (summa cun laude) e la licenza in teologia dogmatica con una tesi dal titolo significativo, soprattutto se letto alla luce delle rivelazioni odierne: “Dio soffre? L’insegnamento della Chiesa sull’impassibilità divina in vista di certe critiche moderne della dottrina”.
Nel 1998 l’approdo a Roma, dove ha frequentato fino al 2002 il corso di dottorato della Pontificia Università Gregoriana e si è laureato dottore in teologia discutendo una dissertazione su “L’immutabilità di Dio. L’insegnamento di San Tommaso d’Acquino nei suoi sviluppi presso i Commentatori scolastici”. Lo stesso titolo nel 2004 gli è stato poi riconosciuto dall’Università di Stefan Card. Wyszynski a Varsavia. La sua formazione però non si è certo fermata qui: negli anni successivi sono arrivati anche il diploma in lettere latine alla Pontificia Università Gregoriana, il master in bioetica alla Pontificia Università Regina Apostolorum di Roma fino al corso della Penitenzieria Apostolica.

IL PIENO DI INCARICHI

Esaurita la formazione, per monsignor Charamsa è iniziata la fase dei (tanti) incarichi della sua carriera. Da quelli nella Società italiana per la ricerca teologica (socio straordinario) alle prime mansioni pastorali come vicario parrocchiale nella Diocesi di Lugano e cooperatore della parrocchia Santa Maria della Visitazione a Roma. Quindi nel 2003 il grande salto romano: l’ingresso come ufficiale nella Congregazione per la Dottrina della Fede, quando a guidare l’ex Sant’Uffizio c’era il cardinale Joseph Ratzinger. Il quale, una volta salito al soglio pontificio col nome di Benedetto XVI, lo ha anche nominato cappellano di Sua Santità. Nel 2011 l’ennesimo avanzamento di carriera: monsignor Charamsa diviene componente della Commissione Teologica Internazionale e segretario aggiunto presso la Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana di Roma dove inizia a insegnare, come alla Facoltà di Teologia del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum sempre di Roma.

LE PUBBLICAZIONI CON RATZINGER

Nell’intensa attività pubblicistica di monsignor Charamsa torna spesso il nome di Ratzinger così come quelli di altri prelati vaticani, a dimostrazione dei suoi ottimi rapporti con le gerarchie ecclesiastiche romane. Nel 2005, ad esempio, anno in cui il cardinale tedesco è divenuto Papa, viene pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana il primo volume dei “Percorsi di formazione cristiana” con sottotitolo “Perché si generi la forma Christi”, scritto da monsignor Charamsa con il teologo monsignor Gianantonio Borgonovo. Tra gli interventi, ce n’è proprio uno dell’allora cardinale Ratzinger. Il secondo volume di quella pubblicazione (“Eucaristia e libertà”, 2006) ha invece potuto contare sulla prefazione del cardinale  José Saraiva-Martins, all’epoca Prefetto della Congregazione per le cause dei santi. Il suo successore in quell’incarico, il cardinale Angelo Amato, è invece l’autore della presentazione al volume “Il Rosario – una scuola di preghiera contemplativa. Riflessioni sulla Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Rosarium Virginis Mariae” a cui ha collaborato anche monsignor Charamsa.

QUELL’ARTICOLO EDITO DAI DOMENICANI

Fa un certo effetto scoprire oggi, alla luce del suo coming out, come nel 2003 l’intervento dal titolo “Davvero Dio soffre? La Tradizione e l’insegnamento di San Tommaso” scritto da monsignor Charamsa abbia trovato spazio nei fascicoli monografici “Sacra Doctrina” delle Edizioni Studio Domenicano, ossia la casa editrice bolognese diretta da padre Giorgio Carbone, il religioso le cui parole di contrarietà alla teoria gender e alle coppie omosessuali pronunciate qualche settimana fa al Meeting di Rimini hanno destato uno scandalo tale da indurre gli organizzatori della kermesse ciellina a sospendere quegli incontri pubblici.

IL PRETE SOCIAL CHE BACCHETTA I VESCOVI SPAGNOLI

I social-network a monsignor Charamsa piacciono. Dimostra di apprezzarli con i suoi quattro profili (Facebook, Twitter, Google+ e Linkedin), mentre il 28 agosto scorso ha aperto un blog personale. Prima dell’intervista scoppiettante di oggi sul Corriere, il sacerdote polacco era intervenuto alcune settimane fa su Catalunya Radio criticando duramente la pronuncia della Conferenza episcopale spagnola che si era detta contraria al referendum sull’indipendenza della Catalogna; per monsignor Charamsa quell’intervento è stato “totalmente inammissibile”, convinto cm’è che la dottrina cristiana riconosca l’autodeterminazione dei popoli.

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