Le tensioni tra Russia ed Europa si arricchiscono di un nuovo capitolo: il Montenegro. Dopo la crisi ucraina e i disordini in Macedonia, migliaia di persone hanno manifestato in questi giorni nella capitale montenegrina, Podgorica, per chiedere le dimissioni del governo di Milo Djukanovic (nella foto). Al centro delle proteste, che diversi osservatori ritengono pilotate dal Cremlino, c’è l’adesione del Paese alla Nato.
LE PROTESTE
Le prime rimostranze dell’opposizione, guidate dalla coalizione Fronte Democratico, sono iniziate il 27 settembre chiedendo un governo transitorio che gestisca “elezioni vere” per eleggere un governo democratico. Il premier Djukanovic ha risposto accusando i manifestanti di cercare di impedire l’adesione del Montenegro all’Alleanza atlantica, sovvertendo l’ordine costituzionale. Nell’ultima riunione del consiglio di sicurezza nazionale del Montenegro si è concluso che durante le lunghe proteste di tre settimane “c’erano attività che minacciavano l’ordine costituzionale, la stabilità e la sicurezza dei cittadini e delle loro proprietà”.
LA PROPAGANDA DI MOSCA
Il primo a reagire è stato, non a caso, il ministero degli Esteri russo Sergei Lavrov, che ha espresso rammarico per l’uso della forza contro i manifestanti. Mosca, sottolineano gli analisti, crede che il rapido avvicinamento del Montenegro alla Ue e alla Nato non sarà fonte di prosperità, ma “al contrario stia esacerbando gli animi, polarizzando le posizioni politiche e ideologiche nella società”. Secondo il giornalista macedone Vladimir Petreski, “la Russia usa in Montenegro la stessa propaganda che ha usato in Macedonia”. Il Cremlino, si dice ancora, crea zizzania nei Balcani occidentali attraverso la sua l’influenza nel mondo ortodosso, con l’obiettivo di rafforzare il proprio peso internazionale.
CONTRO STOLTENBERG
A dare vigore a questa tesi ci sono proteste che hanno accolto la visita del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, giunto il 14 settembre a Podgorica. I manifestanti, con la foto di Vladimir Putin in mano, hanno chiesto al governo di abbandonare il progetto di aderire alla Nato, che il Montenegro considera una priorità in politica estera dal 2006.
Diversi politici dell’opposizione, per lo più nelle file dei partiti filo serbi, e molti capi religiosi ortodossi, si sono uniti al raduno anti Nato. I leader di partito pro serbi hanno invitato la gente a non dimenticare mai le vittime dei bombardamenti dell’Alleanza atlantica in Serbia, nel corso del 1999, condotti per costringere Belgrado a ritirarsi dal Kosovo.
Il Montenegro ha la possibilità di entrare nell’Alleanza atlantica il prossimo dicembre, fra due mesi. Secondo Stoltenberg, il Paese “deve proseguire le riforme in settori chiave, così gli Stati membri potranno prendere la decisione sull’entrata di Podgorica entro la fine dell’anno, sulla base dei risultati conseguiti”.
GLI ULTIMI SCANDALI
Il riferimento è, a detta di alcuni osservatori, a uno scandalo sulla sicurezza di Stato che ha coinvolto il piccolo Paese della costa adriatica. Il quotidiano montenegrino Dan ha pubblicato dei dispacci classificati delle ambasciate del Montenegro a Washington e Berlino, in cui ci sono informazioni e dettagli di colloqui che il ministro degli Esteri, Igor Luksic, ha avuto mentre era in visita negli Stati Uniti l’11 marzo e in Germania, il 24 marzo. Il presidente Vujanovic, intervistato a maggio dal quotidiano Pobjeba, si è difeso dicendo che, è fiducioso che la pubblicazione di questi dati non possa compromettere il percorso di adesione del Montenegro alla Nato”. Questo però è da verificare. Proprio l’Alleanza atlantica, un anno fa, aveva fatto ufficiosamente sapere che il vero motivo del rinvio dell’adesione del Montenegro nell’organizzazione è la penetrazione dell’intelligence montenegrina da parte dei russi. “Quello era il punto critico“, ha detto sotto anonimato un funzionario della Nato all’agenzia Associated Press, stimando il numero di agenti segreti “filo russi” tra le 25 e le 50 unità.