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Perché non condivido l’alternanza scuola-lavoro alla Renzi

Domenica la mia amica Fiorella insegnante in una scuola superiore mi ha telefonato raccontandomi la novità: la scorsa settimana è arrivata in tutte le scuole secondarie la Guida Operativa per le attività di alternanza scuola lavoro, un tomino di oltre 90 pagine, che dovrebbe insegnare agli insegnanti, come procedere per applicare concretamente, ad anno scolastico già iniziato e soprattutto a POF, Piano formativo avviato e programmato sia nella didattica che nella teoria, le così dette Istruzioni per l’uso di quanto previsto dalla normativa dai commi 33 al 43 dell’art 1 della legge 13 luglio 2015 denominata renzescamente La buona Scuola alias “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione ecc,ecc,ecc.

Corredata da una documentazione massiccia che parte dagli Orientamenti europei e quadro normativo nazionale e via via si articola lungo le finalità dell’alternanza scuola lavoro, passando tra la sottolineatura fondamentale del raccordo tra scuola, territorio e mondo del lavoro, fino a spingersi all’evidenza dei bisogni formativi e al ruolo degli istituti tecnici finanche a istituire il registro nazionale per l’alternanza scuola lavoro che dovrà testimoniare e raccogliere tutti i protocolli d’Intesa e monitorare i laboratori territoriali per l’occupabilità, nonché tempi e metodi della programmazione, la Bussolona/Guida dovrebbe con modulistica necessaria allegata per applicare le “istruzioni per l’uso per niente facili” indicare e sostenere gli insegnanti in quella che è la vocazione-indotta dalla norma- di andarsi a cercare le imprese che generosamente offriranno il loro tutoraggio e la loro esperienza pratica a tutti  gli studenti italiani, a partire dalle classi terze, dunque dove e come dovranno svolgere un numero di ore di alternanza pari a 200 nei licei e 400 negli istituti tecnici e professionali.

Il vulnus più evidente di questo passaggio è il non ennesimo collegamento tra percorso scolastico e quello indispensabile di formazione professionale che la legge nazionale non prevede (alla faccia della riforma  costituzionale che continua ad assegnare alle Regioni il compito esclusivo dell’istruzione professionale) appunto ai percorsi di formazione professionale dopo l’istituto superiore che deve avvicinare i giovani al mestiere. Quindi se facciamo sì un passo verso il collegamento tra scuola e impresa, saltiamo -per non andare in rotta di collisione con le Regioni- il pezzo forte ed economico su cui è incardinata la formazione professionale regionale che rappresenta ancora la rete degli enti di formazione spesso vecchi e inadeguati sia nei moduli che negli stessi insegnanti che raramente si aggiornano.

E così continuiamo a sbagliare a danno ovviamente sia delle imprese che dei giovani poiché le figure professionali richieste dal mercato del lavoro, in continua strepitosa modernizzazione, non sono rintracciabili in tempi adeguati. Così come la partita delle certificazioni delle competenze slegate dalla certificazione dei contratti: sedi e soggetti diversi non aiutano alla continuità della regolarizzazione del mercato del lavoro e dunque anche a valorizzare le esperienze formative  che i giovani  fanno senza soluzione di continuità, sia in Italia che all’estero e che potrebbero invece tutte essere parte del CV che rintracciamo nel famoso libretto formativo. La programmazione e la messa in opera dell’alternanza scuola/lavoro subito e non domani dei propri studenti richiede poi una governance del processo di tipo manageriale poiché posta la generosità delle imprese a sottoscrivere le convenzioni previste, tutto il percorso richiede un tempo molto molto serrato da dedicare all’attuazione della realizzazione del percorso e  ovviamente anche le insegnanti dovranno essere assistite.

E  francamente così come il Ministro del lavoro Giovannini aveva promesso 150.000 esperti per imparare come utilizzare i Fondi del Fondo sociale Europeo  per sostenere il lavoro  e dunque trovare le risorse( poi mai visti!) è legittimo chiedersi dove troveranno i colleghi  altri esperti nel Ministero dell’Istruzione per realizzare questa scommessa, che rappresenta comunque una grande opportunità. Ci vogliono esperti interdisciplinari di rango in materia di Istruzione, formazione, lavoro, per partire e subito per far incontrare le insegnanti e le imprese e dunque metterci insieme per il bene comune dei nostri giovani e del nostro mercato.

 


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