Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo un estratto dell’articolo di Marcello Bussi apparso su MF/Milano Finanza, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi
La schiacciante vittoria in Polonia del partito anti-euro Diritto e Giustizia, che ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento, non ha provocato sconquassi sui mercati: la borsa di Varsavia ha chiuso con l’indice Wig 20 in rialzo dello 0,2%, mentre il rendimento del titolo di Stato decennale è salito di soli 10 punti base al 2,701%.
Lo zloty ha invece perso lo 0,4% nei confronti dell’euro a 4,2748 e lo 0,2% contro il dollaro a 3,8685. Poco male, visto che il boom economico polacco è stato costruito sulla debolezza dello zloty. Motivo per cui il partito che esprimerà la prossima premier, Beata Szydlo, non ha alcuna intenzione di entrare nell’euro. Come hanno osservato gli strategist di Ig, «la vittoria della destra euroscettica in Polonia conferma che nei Paesi dell’Est continua ad aumentare il clima di sfiducia nei confronti dell’Ue e dell’euro, avvalorato anche lo scorso anno dal successo di Viktor Orban alle elezioni politiche in Ungheria».
Il programma della Szydlo prevede un maggiore controllo del governo sulla banca centrale e una tassa speciale sulle banche e sulle transazioni finanziarie.
Diritto e Giustizia punta inoltre ad aiutare le piccole e medie imprese polacche con tagli alle tasse per dare loro un vantaggio nei confronti delle multinazionali straniere e intende introdurre una nuova imposta sulle catene della grande distribuzione internazionale.
Nel programma sono stati annunciati l’introduzione di un salario orario minimo, attualmente inesistente, di circa 12 zloty (3 euro), l’abbassamento dell’età pensionabile a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne (i liberali avevano introdotto l’aumento progressivo a 67 anni), l’aumento del reddito esentasse, assegni familiari da 125 euro per ogni bambino e farmaci gratuiti per gli anziani con oltre 75 anni di età. Tutte misure che non vanno certo nel senso auspicato dalla Germania. Berlino tra l’altro a causa della crisi dei migranti, sta perdendo il consenso dei suoi più fedeli alleati, ossia i Paesi dell’Europa orientale come Repubblica Ceca e Slovacchia.
La situazione potrebbe avere sviluppi imprevedibili, ma per ora non ha intaccato l’indice di fiducia delle imprese tedesche Ifo: a ottobre il dato è sceso a 108,2 punti dai 108,5 di settembre, mentre in media gli osservatori si aspettavano un calo più consistente, a 107,8. Per ora «lo scandalo Volkswagen non ha avuto alcun impatto sull’industria automobilistica tedesca», ha osservato Hans-Werner Sinn, presidente dell’Istituto Ifo, che elabora l’indice omonimo.