Tenetevi forte: i dirigenti della Ragioneria Generale dello Stato, dipartimento del Ministero dell’Economia e Finanze che cura i conti pubblici, lo scorso venerdì pomeriggio alle 14 hanno chiuso i computer, staccato i telefonini e se ne sono andati a passare un pomeriggio in famiglia, rendendosi indisponibili alle ennesime nottate e ai sabato e domenica di lavoro per il taglia e cuci della legge di stabilità. Ma come, direte voi, la stabilità non è stata presentata il 15 ottobre? Non era quelle dell’Italia “col segno più”? Delle 25 slide e dei 25 tweet? E come si permettono questi burocrati di farsi cadere la penna? Chiariamo subito i come e i perché della vicenda. Come ogni anno la preparazione della legge di stabilità richiede un surplus di lavoro da parte dei ministeri a cui il Governo chiede di operare sulle norme che intende portare all’attenzione del Parlamento. I diversi ministeri forniscono quindi i testi di proposta, corredati da relazioni tecniche su cui poi la Ragioneria deve esprimersi in merito alle coperture, collazionando il tutto: insomma un lavoro certosino che, soprattutto per i tecnici di Via XX Settembre, si traduce in lavoro sino a tarda notte e, non raramente, nei fine settimana sulle carte. Da una chiacchierata con colleghi del dicastero, tuttavia, emerge che le criticità ci sono, e sono parecchie. In primo luogo quella che dovrebbe essere l’eccezione è ormai la norma: uscire dall’ufficio alle 19 o 20 di sera è prassi comune, con le immaginabili conseguenze sulle dinamiche della vita privata delle persone (ne parlavo proprio su Formiche), magari per le richieste dell’ultimo minuto che arrivano dai piani alti per l’immancabile riunione dell’indomani di cui si sapeva da una settimana.
Il problema più generale, tuttavia, è relativo alle modalità e alla qualità del lavoro: non solo ormai al MEF viene demandata in gran parte anche la definizione delle relazioni tecniche, ma la corsa al 15 ottobre ha portato alla costruzione di un “bozzone” (così lo chiamano gi addetti ai lavori) della stabilità su cui occorre ancora intervenire per ultimare il testo della legge: ecco il motivo della richiesta degli ulteriori fine settimana alla scrivania. C’è, insomma, un tema di legislazione del Governo in occasione dello snodo fondamentale rappresentato dalla legge di stabilità annuale che non va sottovalutato: il famigerato taglio alle retribuzioni (ci tornerò nel prossimo futuro) è solo la ciliegina sulla torta, ormai andata a male. La protesta spontanea, di pancia, che ha portato al rifiuto di lavorare sabato e domenica (maledetti scansafatiche!) è una spia di un malessere ben più profondo, che le solite, banali crociate anti-burocrazia non sfiorano neppure. Altro che roba lunare, come riporta con pressappochismo Dagospia, o ammutinamento, come scrive Repubblica. Organizzazione del lavoro e cura delle professionalità, qualità della regolazione, dinamiche legislative e rapporto fra tecnica e politica: chi è in grado di parlarne? Perché poi anche le formiche, quelle che tengono in piedi la PA, nel loro piccolo si incazzano!