Se si devono riassumere in poche righe le emozioni che suscita quel che si sa della Legge di stabilità (si sono viste solo le slide e pare che il testo debba ancora essere scritto del tutto) viene in mente il film del 1956 Et Dieu crea la femme… malamente intitolato in italiano Piace a Troppi. E’ il lavoro che lanciò il regista Roger Vadim e la protagonista (Brigitte Bardot, che aveva 21 anni ma interpretava il ruolo di un’orfanella di 18 anni), nonché Jean-Louis Trintignant e Christian Marquand, ambedue alle prime armi. Accanto ai quattro giovani (regista e tre protagonisti che diventarono star internazionali) c’era Curd Jurgens. In breve in quel di St Tropez, allora un borgo di pescatori, l’orfanella Juliette aveva affascinato tutti gli uomini del villaggio. Il film è un drammone popolare ma all’epoca ebbe un enorme successo critico in quanto rappresentativo della ‘liberazione della donna’.
Che c’entra con tutto ciò la Legge di stabilità? Al pari di BB-Juliette, il ddl è stato pensato per piacere a tutte le categorie che compongono il “potere reale” dell’Italia. Con l’esclusione evidente dei sindacati: il presidente del Consiglio Matteo Renzi pare essere convinto che i corpi intermedi creano solo confusione. Ce ne è per tutti: per coloro che vogliono andare in pensione prima delle tagliole delle leggi Dini e Fornero, per i titolari di partite Iva, per gli statali (un obolo di 7 euro al mese dopo anni senza nuovi contratti), per il “partito Rai”, per i proprietari di prime case (anche se sono grandi ville), per i piagnoni dei beni culturali che ottengono nuovi stanziamenti (nonostante da circa trent’anni spendano, con circa 500 contabilità speciale, meno della metà di quanto loro appropriato per investimenti), per le imprese con ammortamenti giapponesi (ossia ultra-centenari) e decontribuzioni per le assunzioni, per i proprietari di casa che ammodernano le loro proprietà, per i keynesiani del moderato cantabili tenendo il deficit accuratamente sotto il 3% del Pil, per gli euro-appassionati (facendo finta di credere che si rispettano, nelle previsioni, trattati ed accordi intergovernativi ), per gli anti-euro (ammiccando che se i limiti verranno superati, verrà sfoderato in splendido scozzese il motto Up Your Kilt) e via discorrendo.
Tentando di piacere a tutti, si finisce con il non piacere a nessuno. Ed infatti, fioccano critiche incrociate, che ci auguriamo contribuiscano a migliorare il testo in fase di redazione. Speriamo che non succeda come in Et Dieu crea la femme…..) dove per BB (sempre in mini due pezzi) due fratelli stavano per usare le pistole. Affermare, in tono guascone, se alla Commissione non piace gliela rimanderemo di nuovo, ricorda il lessico ed il tono di Gabriele D’Annunzio nei mesi in cui si proclamò Reggente del Carnaro, avventura che non finì affatto bene.
Per fare una legge di stabilità che “piace a tutti”, non a “troppi” ci vuole l’abilità di un Giuliano Amato o di un Paolo Cirino Pomicino a seconda delle preferenze culturali. Si imposta il lavoro per tempo, ci si consulta con ‘corpi intermedi’, si fornisce il materiale agli uffici non oltre metà settembre dato che si sa che la scadenza è il 15 ottobre. E si hanno scambi di vedute con le autorità europee. Si ha soprattutto un chiaro disegno di politica economica che non traspare né dal Documento di Economia e Finanza né nella bozza disegno di legge ora in fase di preparazione.
Senza un disegno chiaro di politica economica è difficile fare una legge di stabilità che piaccia a tutti. Lo sviluppo pare (è tutto in forma dubitativa perché non si è visto un rigo del testo) essere affidato alla ripresa dei consumi privati con una piccola distribuzione a pioggia a questo ed a quello. Vuol dire che si è leggiucchiato male Piketty, che non si è letto neanche male Keynes, e che non si sa nulla delle balance sheet recessions. Per lo sviluppo ed aumento della produttività ci vogliono investimenti: quelli pubblici sono ridotti a circa l’1% del Pil mentre in un Paese sano si aggirano sul 3-4% del Pil. Quelli privati sono mortificati da regole in continuo cambiamento.
E’ evidente chi è la grande sconfitta: la spending review. Da anni si susseguono Commissari (del Popolo?) senza che le loro proposte vengano accolto. Attenzione ad accettare tali incarichi: il prossimo passo è la ghigliottina.