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Il Sinodo, la lettera dei cardinali e le guerricciole

Della fatidica lettera al Papa spedita (o consegnata a mano) da una dozzina – forse dieci, forse tredici – di cardinali sinodali in protesta per le innovative procedure dentro il consesso che deve stabilire la nuova linea della Chiesa sulla famiglia, interessa più alle gazzette nostrane che al popolo fedele.

IL RUOLO DEI GIORNALISTI

Guerra tra cardinali e guerra contro il Papa, si legge un po’ dovunque. Ma pare che la guerra vera sia tra giornalisti: da una parte i cosiddetti conservatori alla Sandro Magister, dall’altra lo schieramento di chi – tra gli addetti ai lavori – è ritenuto vicino a Bergoglio, dal responsabile di Vatican Insider (Andrea Tornielli) alla editorialista di Avvenire (Stefania Falasca), fino a Luis Badilla, sovrintendente del blog Il Sismografo, parecchio vicino ai palazzi che contano Oltretevere. Se le danno e se le ridanno, tutto su piazza, con stracci che volano.

COME E’ NATA LA LETTERA

Ma che c’è dietro il presunto scandalo epistolare? Riannodiamo i fili della vicenda: si parte con Magister che piazza online una lettera firmata da 13 porporati ostili alle nuove metodologie decise dalla Segreteria generale del Sinodo e approvate dal Papa in persona. I dubbi: rischio di non far eleggere i relatori e i moderatori dei circoli minori, la commissione incaricata di scrivere il documento finale sbilanciata dalla parte dei progressisti, il timore che alla fine non venga messo ai voti nessun testo.

CHI HA FIRMATO

Magister mette in calce i nomi dei 13. Una bomba. Poche ore dopo, ecco fioccare le smentite: Angelo Scola si tira subito indietro, seguito nell’ordine da André Vingt-Trois, Mauro Piacenza e Péter Erdo. In serata, però, si sa qualcosa di più: due dei 13, i cardinali George Pell e Wilfrid Fox Napier, ammettono di aver firmato una lettera, anche se diversa “nei contenuti” da quella apparsa in Rete. E anche i firmatari non corrisponderebbero poi in toto a quelli veri.

GLI ALTRI NOMI

Il giallo continua. Due lettere, dunque? Poche ore dopo, l’autorevolissima rivista dei gesuiti statunitensi, America Magazine, pubblica un nuovo elenco di firmatari: sorpresa, sono sempre 13, e al posto dei quattro che avevano già smentito compaiono quattro nuovi: Sgreccia, Njue, DiNardo e Rivera Carrera. Ma proprio quest’ultimo, con uno statement ufficiale, smentiva tutto: mai firmata “quella lettera”. Un’altra sì? Non si sa.

CHI HA ISPIRATO LA MISSIVA

Quel che è certo è che la lettera esiste e l’ispiratore è il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia. Lo ha fatto intendere lui stesso, ma a confermarlo è stato il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York. Dolan ha ammesso di aver firmato una lettera dopo che Pell glielo aveva chiesto. Ma Pell ha giurato su tutto il giurabile di non aver mai fatto filtrare all’esterno delle sacre stanze la missiva, anzi. Lui ha chiarito che mai avrebbe voluto che un sito web la sbattesse in homepage.

LE PAROLE DI MULLER

Sulla stessa lunghezza d’onda, con tanto di irritazione (eufemismo) è stato il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto di quello che era il Sant’Uffizio. Intervistato dal Corriere della Sera, a stento si è trattenuto, lanciando strali contro chi ha fatto uscire tutto, ribadendo che una lettera al Papa deve rimanere segreta e adombrando il ritorno delle scorie antiche di Vatileaks, la coda velenosa che azzoppò il pontificato di Benedetto XVI.

CONCLUSIONI E INTERROGATIVI

Pare però che la missiva non sia stata data in pasto alla stampa dall’entourage di Pell, anche perché non si capirebbe quale vantaggio potrebbe ottenere il fronte dei cosiddetti conservatori. Semmai, il risultato è quello di mettere alla berlina, soprattutto mediaticamente, i presunti “cospiratori”, rafforzando chi sostiene le tesi più riformiste.


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