Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Marino Longoni apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Quello che è successo nei giorni scorsi era inimmaginabile fino a pochissimi anni fa: l’Olanda ha chiesto a una delle più importanti banche svizzere, Ubs, l’elenco dei cittadini olandesi che hanno un conto aperto con l’istituto elvetico e non hanno aderito alla procedura olandese di voluntary disclosure. Ubs ha risposto positivamente. I paradisi fiscali si stanno trasformando in inferni fiscali. Le banche svizzere, e lo stesso vale per quelle di Monaco, Lussemburgo e molti altri centri off shore, da custodi riservati e fidatissimi dei patrimoni dei loro clienti, si stanno trasformando in delatori per conto delle amministrazioni fiscali europee e americane.
Se fino a ieri erano i confidenti, spesso i consulenti, delle più svariate forme di elusione fiscale, ora hanno velocemente cambiato berretto e sono passati dall’altra parte della barricata. Facile prevedere infatti che richieste come quella avanzata dall’amministrazione fiscale olandese diventeranno presto la norma e lo scambio di informazioni finanziarie diventerà una rete a strascico dalla quale nessun contribuente riuscirà più a fuggire. Per quanto riguarda l’Italia il limite temporale oltre il quale possedere un conto corrente o un patrimonio in Svizzera senza averlo dichiarato si trasformerà in un incubo è quella del 23 febbraio 2015, data di sottoscrizione dell’accordo italo-elvetico sullo scambio di informazioni. L’amministrazione finanziaria, da quella data, è infatti legittimata a richiedere alle banche svizzere la comunicazione di tutti i conti di cittadini italiani non regolarizzati.
E le banche non potranno fare altro che compilare l’elenco e trasmetterlo a Roma.
Lo scenario, oltre che gettare una luce inequivocabile su quali saranno gli sviluppi a breve termine dei rapporti tra amministrazioni finanziarie e contribuenti, è anche un campanello d’allarme, o meglio una sirena ululante, che segnala in modo inequivocabile ai contribuenti che ancora non se ne siano convinti, che il 30 novembre, data ultima per presentare la domanda di voluntary disclosure, è anche l’ultima possibilità di evitare guai peggiori. Che, a questo punto, non sono più solo eventuali, ma sono certi. In altri termini, uno spot fantastico, e gratuito per le casse dell’erario, a favore della regolarizzazione.