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TPP, ecco i benefici indiretti per l’Italia. Parla il prof. Marco Fortis

Gli Stati Uniti e altre 11 nazioni del Pacifico hanno raggiunto il più grande accordo di libero scambio nella storia, il Trans-Pacific Partnership (Tpp). Un’intesa fortemente voluta dal presidente Barack Obama per spostare gli interessi degli Usa verso il Pacifico, con l’intento, neanche troppo sottaciuto, di contrastare il potere commerciale che la Cina ha raggiunto in questo anni dopo il suo ingresso nel Wto nel 2001.

CHI HA FIRMATO

Superato l’ostacolo più insidioso, ovvero l’apertura dei mercati lattiero-caseari e quello della componentistica legata al mercato delle automobili, si è giunti ad Atlanta, dopo otto anni di negoziati e sei giorni di sessioni non-stop, a tagliare il traguardo che comporterà l’eliminazione delle barriere tariffarie e non-tariffarie e l’adeguamento degli standard commerciali in una vasta area dell’Asia-Pacifico, associando l’economia statunitense a quella di altri undici Paesi: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam.

I DOSSIER IN BALLO

Per capire di cosa si sta parlando basta prendere in esame l’ultimo report proprio dell’Amministrazione americana e del suo negoziatore, Mike Froman: l’accordo permetterà di aumentare le esportazioni statunitensi di oltre 120 miliardi di dollari da qui al prossimo decennio, mentre a livello globale i benefici supererebbero i 300 miliardi di dollari annui. Una torta consistente di cui beneficerebbe anche l’Europa, Germania e Italia in testa, essendo i principali paesi esportatori verso le economie interessate dal Ttp. Questo perché l’intesa appena siglata abbatterà le barriere al commercio e aumenterà il lavoro e gli standard ambientali tra le nazioni che rappresentano, tutte insieme, il 40% della produzione economica mondiale. E’ vero che adesso l’accordo dovrà essere approvato dal Congresso americano e dai rispettivi governi degli altri 11 Paesi,  ma il più è fatto e anche per l’Italia si aprono prospettive interessanti. Come spiega a Formiche.net il professor Marco Fortis, economista e vice Presidente della Fondazione Edison, e nel pool di esperti economici del premier Matteo Renzi.

IL COMMENTO DELL’ECONOMISTA FORTIS

“Anche se non direttamente coinvolte le imprese italiane, avranno dei benefici dall’abbattimento di dazi e tariffe. Le pmi che si sono internazionalizzate nelle aree comprese tra Stati Uniti e Pacifico – dice Fortis – potranno usare questi paesi come hub  per la commercializzazione dei loro prodotti. Pensiamo solo al caso americano dove in diversi settori, dalla meccanica all’arredo-mobile fino all’alimentare la nostra presenza è forte, ebbene da qui potranno espandersi anche verso i paesi interessati dall’accordo conquistando nuove quote di mercato”.

IL TTIP E IL CASO VOLKSWAGEN

E non solo. Anche sul fronte dell’Asia-Pacifico il made in Italy può giocare una buona partita poiché è un mercato che vale per il nostro export circa 40 miliardi di euro. Anche se per Fortis la vera partita da chiudere per il made in Italy è l’accordo commerciale lanciato nel 2013 tra Stati Uniti ed Europa, che però stenta. “Questo sarebbe un volano incredibile per il commercio estero italiano – argomenta Fortis – purtroppo la situazione è abbastanza bloccata e il timing di fine anno per raggiungere un accordo quadro mi sembra abbastanza complicato”. Fortis fa un esempio: “Il caso Volksvagen certamente frena il negoziato perché il superamento dei regolamenti con mezzi illeciti ha messo sull’attenti non solo i governi ma anche molte multinazionali che sarebbero poco disponibili ad aprire il loro mercato. Se poi la Germania dovesse intervenire in materia diretta a favore della casa automobilistica addirittura si aprirebbe tutta la questione degli aiuti di Stato e quindi tutto questo percorso, se non se ne esce bene, è abbastanza compromesso”.


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