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Zuppi, le idee del nuovo arcivescovo di Bologna su Roma, gay e conservatori

Incarna alla perfezione lo stile bergogliano il nuovo arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Maria Zuppi. Sessant’anni, già assistente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio e con un pedigree da parroco romano (qui un suo ritratto), è uno di quei pastori prediletti da Papa Francesco, di quelli che “hanno l’odore delle pecore” tanto sono abituati a stare in mezzo al loro gregge fatto soprattutto di poveri e diseredati.

QUANDO LA CHIESA DIVENTA UN MUSEO

In linea con il pensiero di Jorge Mario Bergoglio, monsignor Zuppi da sempre predica una Chiesa in uscita verso gli ultimi. Lo si intuisce bene riascoltando le parole pronunciate il 27 ottobre 2012 a una conferenza in una parrocchia romana dal titolo “Uniti in Cristo per una nuova evangelizzazione”. Parlando di comunità ecclesiali “imprigrite” alle quali “non va” di mettersi di nuovo in cammino, don Matteo (così lo chiamano tutti a Roma) metteva in guardia sul rischio di autoreferenzialità e chiusura della Chiesa. “Ci piace sicuramente di più stare tra di noi, pensarsi con un mondo intorno che non capiamo più e che non ci capisce più, e quindi sentiamo come la necessità di essere noi stessi, proteggendoci dal mondo, differenziandoci dal momendo”. Tuttavia, in questo modo – incalzava – “la Chiesa diventa un museo”.

BASTA CONSERVATORI, SERVONO MISSIONARI

Riprendendo uno scritto del giovane Joseph Ratzinger durante gli anni del Concilio Vaticano II, monsignor Zuppi in quella conferenza ricordava come “in quelle occasioni spesso si è polarizzata la discussione tra conservatori e progressisti”. Ma la vera cesura secondo lui stava – e sta tuttora – tra “i conservatori che chiudono la Chiesa e si dividono dal mondo, e chi invece – e questa è la vera scelta – vive in una preoccupazione missionaria, cioè di vivere non per se stessi con il rischio della conservazione in cui sei te stesso ma poi finisci”. Pure Gesù nel Vangelo, ricordava don Matteo, ammonisce: “Chi conserva la propria vita la perderà”. “Quando la Chiesa vive per se stessa finisce, diventa un club, un gruppo di autosostegno. La vera differenza quindi è tra conservatori e missionari”.

L’AFFONDO SU ROMA “ORFANA E UMILIATA”

Grande amico dell’ex sindaco di Roma Walter Veltroni, che proprio ieri alla notizia della sua nomina si è sperticato in elogi, monsignor Zuppi non sembra però nutrire gli stessi sentimenti nei confronti dell’attuale primo cittadino (dimissionario) Ignazio Marino. Non che si sia azzardato a criticarlo apertamente, dato che fino a ieri ricopriva il delicato incarico di vescovo ausiliare di Roma; però in una sua intervista del 5 ottobre scorso alla rivista Città Nuova del movimento dei Focolarini non è andato per il sottile parlando di una “città orfana e umiliata”, soprattutto dopo le vicende di Mafia Capitale. “C’è un desiderio di riscatto della città che va aiutato e deve trovare una traduzione più generale: è da questo che bisogna ripartire per evitare che la città continui in una condizione di smarrimento e di orfananza, come ha detto il papa al convegno diocesano di Roma. La città è orfana”. Indicando poi “accoglienza e solidarietà” come le due priorità su cui puntare per il rilancio della città, monsignor Zuppi ha aggiunto: “Consiglierei a tutta la classe politica e a chi ha un ruolo di governo di non umiliare ulteriormente la città tradendola e di avere al contempo molta umiltà e molta visione. Se ho la visione ma non ho l’umiltà del lavoro finisco per perdermi e mi concentro nel piccolo interesse, ma anche l’umiltà deve avere la visione e cioè uno sguardo avanti per capire il senso del proprio lavoro”.

QUELL’INIZIATIVA APERTA AI GAY DA LUI “FORTEMENTE APPOGGIATA”

Come riferito dal portale GesuitiNews della Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù, monsignor Zuppi in qualità di vescovo ausiliare per il settore centro di Roma è stato un sostenitore dell’iniziativa “Chiesa casa per tutti” avviata nella parrocchia di San Saba e da lui “fortemente appoggiata”. Si trattava di un “invito a ritrovarsi per condividere la propria esperienza spirituale con altri, a partire dalla condizione che ciascuno vive: laico o religioso, anziano o giovane, omosessuale o etero, single o sposato, convivente o divorziato”. Tale progetto è stato presentato dal padre gesuita Pino Piva il 3 ottobre scorso al Centro Pellegrini Santa Teresa Couderc di Roma nell’ambito della conferenza internazionale “Le strade dell’amore – Istantanee di Incontri cattolici con le persone Lgbt e le loro famiglie”, promossa dal Global Network of Rainbow Catholics, rete mondiale di organizzazioni che chiedono inclusione e riconoscimento all’interno della Chiesa cattolica per le persone Lgbt e le loro famiglie. A fare accendere i riflettori dei media su questo appuntamento, all’interno del quale rientrava pure il racconto dell’iniziativa di San Saba “fortemente appoggiata” da Zuppi, era stato il teologo già officiale della Congregazione per la Dottrina della fede monsignor Krzysztof Charamsa, con l’annuncio ai quattro venti della sua omosessualità e la presentazione pubblica del suo compagno proprio nel giorno del Global Netqork of Rainbow Catholics, al quale il sacerdote polacco aveva detto di voler partecipare. Il tutto alla vigilia del Sinodo sulla famiglia.

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