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Vi racconto la storia della fine del monopolio nel trasporto aereo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Vent’anni fa è finito il regime di monopolio nel trasporto aereo in Italia. Il 23 novembre 1995 Air One irrompe sul mercato. “Si scrive airone, si legge Air One, si vola meglio”, diceva la pubblicità, aggiungendo che “volare è bello, coccolati è meglio”. Con i suoi iniziali cinque voli al giorno fra Roma Fiumicino e Milano Linate, per la prima volta Alitalia doveva affrontare la concorrenza di un altro vettore su ciò che all’epoca era la quinta rotta di Europa con 2.142.966 passeggeri annui e la prima con un solo vettore operante.

L’imprenditore Carlo Toto, attivo principalmente nei grandi lavori pubblici infrastrutturali, era già proprietario di una piccola compagnia aerea, Aliadriatica, che operava su alcune rotte regionali. Nel trasformare questa compagnia in Air One, Toto per la prima volta in Italia ha voluto offrire un’alternativa al “vettore di bandiera”, per dare ai consumatori una scelta sulle rotte maggiori. Fino a quel momento nessuno aveva osato andare oltre le operazioni di nicchia, ai margini del mercato, raccogliendo le briciole trascurate dalla compagnia statale. In venti giorni raggiunse il traguardo dei 10mila passeggeri trasportati. Entro i primi tre mesi del 1996, con una flotta passata da tre a sei aerei trasportò 100.000 passeggeri, e nell’intero anno 713.000. L’anno dopo, persino il governatore della Banca d’Italia, nelle sue “considerazioni finali”, informava che la concorrenza nel trasporto aereo aveva contributo alla diminuzione del tasso d’inflazione in Italia e alla crescita della domanda.

Il successo iniziale fu il risultato di vari fattori. La nuova Air One offriva un servizio più curato, a partire dalle piccole cose come i cornetti caldi offerti la mattina con il caffè, e un entusiasmo da parte del personale che si traduceva in gentilezza e sorrisi. Chi nasce in un’impresa che deve “stare sul mercato” sa che deve guadagnare la preferenza dei clienti giorno dopo giorno. Le dimensioni più piccole di Air One le davano l’agilità di introdurre novità in tempi rapidissimi, attuando promozioni e anche modifiche al servizio di bordo nell’arco di pochi giorni, laddove una compagnia grande con decine di destinazioni ha bisogno di settimane o mesi di pianificazione.

Un altro fattore dell’immediato successo, oltre alle tariffe più basse era la “scelta ideologica” di molti frequent flyer. Chi per anni aveva sopportato malvolentieri l’impossibilità di scegliere non vedeva ora di abbandonare l’Alitalia dell’epoca a dare i propri soldi a chi sapeva che il cliente poteva scegliere. Anche i media avevano due buoni motivi per seguire la rivoluzione nei cieli. Sapevano che interessava ai lettori, ma sapevano anche che con la concorrenza la spesa pubblicitaria sarebbe aumentata. Non a caso il budget dell’Alitalia più che raddoppiò nel 1996 rispetto all’anno precedente, mentre il budget della nuova Air One era inferiore, ma costituiva il catalizzatore degli investimenti in comunicazione del vettore statale. Per tenere entrambe le compagnie “sulle spine”, i media continuavano a riportare notizie e sondaggi di opinione sul settore.

Naturalmente Air One non volava sempre con il vento favorevole. Meno di un mese dopo il primo volo, il programma “Tempo Reale” di Michele Santoro schierò un plotone di piloti e assistenti di volo dell’Alitalia nello studio per intervenire a favore del vecchio monopolio, sbandierando lo spauracchio della concorrenza come strada che portava alla diminuzione della manutenzione e formazione.  Dimenticavano forse che i capi di questi settori in Air One provenivano dai più alti ranghi proprio dell’Alitalia. Intervistarono persino hostess dell’Alitalia in volo, domandando “ma lei volerebbe con Air One?”. Come chiedere ad operai Fiat un se intendevano comprare una nuova Renault. Più fastidioso fu un repentino abbassamento dell’età massima per l’idoneità di volo dei piloti, la cui introduzione poteva fare comodo all’Alitalia ma disturbava Air One, che adottava la collaudata strategia delle nuove compagnie di assumere comandanti con molta esperienza e di mettere al loro fianco giovani piloti con ottima formazione, ma meno ore di volo alle spalle. Il vertice aziendale imparò molto presto che occorreva frequentare spesso il Tar per tutelare i suoi diritti di fronte ai nuovi regolamenti e decreti che guarda caso potevano far comodo al ex-monopolista, provocando danni anche gravi al rampante concorrente.

Il colmo arrivò nel 1998, con il primo decreto sulla ripartizione del traffico fra il “nuovo” Malpensa e Linate, dove la maggioranza dei voli Air One iniziavano o terminavano. Il decreto limitava il numero di voli che ciascuna compagnia poteva operare su ogni rotta, in base alla soglia di traffico raggiunto, ma stabiliva anche che le compagnie potevano conservare solo il 30% degli slot che avevano a Linate. Per Air One sarebbe stato un colpo di grazia. In quella data Air One operava 13 voli al giorno fra Linate e Fiumicino, una frequenza appena sufficiente per competere con Alitalia. Con il 30% dei suoi pochi slot però, avrebbe avuto così pochi voli da non poter offrire una reale concorrenza. Ad Alitalia invece, con oltre 100 slot a Linate, bastava spostare le sue pedine da un’altra parte della scacchiera, giocandole sulla Roma-Milano, per assicurarsi un predominio assoluto, di fatto ricostituendo il monopolio sulla quinta rotta d’Europa. Un’attenuazione delle norme fu adottata nel decreto Bersani e una sentenza del Tar consentì ad Air One di mantenere altri slot al di sopra della quota del 30%, per continuare ad offrire un’effettiva concorrenza sulla Roma-Milano.

Mentre Air One doveva finanziare la sua crescita con i suoi mezzi, Alitalia ottenne un’iniezione di capitale fresco dallo Stato di 3mila miliardi di lire (1,5 miliardi di euro), che saziò la mangiasoldi per un po’. La compagnia si rivolse non solo al TAR ma anche a Bruxelles, per evitare che l’ennesima iniezione di capitale pubblico in Alitalia consentisse alla compagnia statale di competere con tariffe sottocosto e di usare i fondi per far crescere la flotta.

Nonostante tutto, con i suoi più modesti mezzi finanziari Air One continuava a crescere nel nuovo millennio. Nel 2007, l’ultimo anno completo prima della cessione all’Alitalia nel 2008, ha trasportato oltre sette milioni di passeggeri, con una quota del mercato domestico del 37%.  Alla fine dell’anno aveva 3.400 dipendenti e una flotta vicina ai 40 aerei. Air One formò una dinamica squadra di giovani in un ambiente di lavoro dove si percepiva un clima di grande entusiasmo. Giovani, consapevoli di creare insieme qualcosa di nuovo e di valore, che hanno vissuto un’esperienza oggi impensabile per molti.

Vent’anni dopo l’inizio dell’avventura, si può parlare di una diaspora di quei ragazzi e ragazze che oggi sono dirigenti di compagnie aeree in tanti paesi, da Vueling a Oman Air a Etihad e Qatar Airways e altre. Oggi si può solo fare congetture su dove sarebbe arrivato se il Paese avesse promosso la concorrenza con maggiore determinazione.

Nick Brough 

(Nick Brough ha partecipato alla nascita e allo sviluppo di Air One. Difese la compagnia nel programma “Tempo Reale” di Santoro, nel definire gli argomenti per bloccare il trasferimento forzato della compagnia da Linate a Malpensa, e illustrò le ragioni di Air One presso la Commissione Europea che valutava gli aiuti di Stato a favore di Alitalia. Nei primi anni Novanta è stato autore di un esposto all’allora nuova autorità Antitrust, che si concluse in un sentenza di colpevolezza di Alitalia per abuso di posizione dominante sulla rotta Roma-Milano. È general manager di Interazione srl)

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