Il sultano Recep Tayyip Erdogan è risorto dalle ceneri di giugno scorso e ha stravinto le elezioni politiche in Turchia, aggiudicandosi oltre il 50% dei consensi e la maggioranza assoluta, che gli permette di tornare a un governo monocolore con 315 seggi, anche se non potrà modificare unilateralmente la Costituzione, per cui ci vogliono 330 seggi.
E mentre migliaia di sostenitori intonano “Allah Akhbar” di fronte al quartier generale del suo partito islamico AKP, nelle province curde esplodono gli scontri. Il partito filo-curdo di Selahattin Demirtas, che a giugno aveva raggiunto un risultato storico con il 14% dei voti, adesso è sceso a poco più del 10%, superando di un soffio la soglia di sbarramento per entrare in Parlamento. Fermo al 25% il CHP (partito Repubblicano) e al 12% gli ultranazionalisti del MHP. Fortissima la delusione nelle province curde. Pericolosa la situazione che si profila all’orizzonte, perché Erdogan ha sì stravinto, ma non per questo il Paese sarà più stabile.
Insomma, dopo tredici anni in cui Erdogan ha progressivamente fatto della democratica Turchia una sorta di carcere a cielo aperto per giornalisti e oppositori politici, con queste elezioni politiche più del 50% degli elettori gli ha di fatto dato un nuovo mandato per continuare con le sue politiche autoritarie, che colpiscono duramente chiunque osi criticarlo, strangolando qualsiasi forma di opposizione.
Un incubo che è diventato realtà e che potrebbe essere spiegato solo immaginando un voto di paura da parte dei conservatori (anche curdi) dopo la strage di Ankara. Molti nazionalisti elettori del MHP hanno scelto l’AKP per dare la forza necessaria al governo di combattere l’ISIS e per evitare una nuova stagione di sangue in Turchia.
Ma è davvero Daesh il nemico di Erdogan, o è invece un utile nemico-amico, da cui comprare petrolio (come avviene da mesi) e poi agitare come spauracchio per aumentare il proprio consenso elettorale? Sulla strage di Ankara che ha lasciato sul terreno più di cento vittime, ad oggi non c’è alcuna chiarezza su mandanti ed esecutori. E se Daesh fosse l’utile capro espiatorio per nascondere qualche operazione condotta dai servizi turchi? Chi conosce la storia della Turchia sa che un’ipotesi del genere non è affatto fantascientifica, anzi.
Resta l’amarezza di tutti coloro che speravano in un risultato del tutto diverso e che adesso si troveranno a subire la risposta feroce di un presidente-padrone, ormai senza più alcun limite. La Turchia di Erdogan fa davvero paura.
Speriamo che questa volta l’Europa non si pieghi al volere della Cancelliera tedesca Angela Merkel, che poco prima del voto in un contestatissimo viaggio in Turchia ha regalato a Erdogan il bollino blu da “democratico”, proponendogli l’ingresso nella Ue a fronte di un impegno maggiore nella gestione degli immigrati, in gran parte provenienti dalla Siria. Erdogan tutto è fuorché un democratico. Che l’Europa ci pensi bene.