Smettiamo di lamentarci e portiamo la carta igienica a scuola, mettiamoci a pulire la strada avanti casa, togliendo anche le erbacce e le scritte sui muri! Come possiamo continuare a far finta di credere alla favola che per uscire dal degrado delle città sarà sufficiente attendere un nuovo sindaco o i maggiori investimenti dalla legge di stabilità? Gli Italiani hanno troppo visto e vissuto nella loro plurimillenaria storia di imperi, papati, dominazioni, dittature, monarchie e repubbliche, autoctone e straniere, per poter confidare nella bacchetta magica del politico di turno. La verità è che fa comodo attendere e lamentarsi, piuttosto che rimboccarsi le maniche, prendendo atto che il lustro delle nostre città ormai dipende, soprattutto, dall’impegno personale e dal senso civico del singolo. Nato nel profondo Sud, sono emigrato a Roma per gli studi universitari. Una storia comune a tanti meridionali. Uno dei ricordi che hanno marcato la mia venuta a Roma è la diversa concezione dello spazio pubblico. Nel mio Sud era, purtroppo, comune che la gente vivesse in case linde e pinte che, però, si affacciavano su vie in cui la polvere, la sporcizia, gli olezzi rendevano quasi inverosimile il contrasto. A pochi sembrava importare. Nel secondo decennio del XXI secolo devo constatare che, a fronte di crescenti isole di civiltà nel Meridione, è il Centro Italia ad essersi tragicamente arreso al degrado. A Roma vivo ai Parioli, un quartiere che, un tempo, le gazzette avrebbe definito come residenziale. Le strade sono spazzate una volta la settimana. Così sono piene non solo di carte e cartacce, ma di erbacce che invadono i marciapiedi (pieni di buche, ma questa è un’altra storia). Ebbene, si contano sulle dita di una mano, i condomini e i negozi che curano la pulizia del marciapiede. Nei giorni in cui Alessandro Gassmann ha invitato ad occuparsi della città, il commento più diffuso in tutta l’Orbe è stato “ma io pago le tasse!”. Lo stesso commento che, in una delle più classiche trattorie romane, ha ripetuto ossessivamente una di quelle finte bionde di vanziniana memoria, scandalizzata dal fatto che, nella scuola pubblica nella quale rivendicava di aver iscritto i figli, le avessero presentato un elenco di beni (pennarelli, carta igienica, detersivi) da procurare per far fronte alla scarsità dei fondi. Ma è segno de tempi che la stessa lamentela venga da uno degli intellettuali storici della sinistra italiana, Alberto Asor Rosa che, al Corsera, ha dichiarato “pago regolarmente ingenti tasse per la nettezza urbana. E pretendo di vedere gli operatori ecologici lavorare con impegno e regolarità” (28.7.15). Asor Rosa ha ragione, come ragione da vendere hanno tutti coloro che pagano le tasse e sono costretti a vivere in una città allo sbando. Ma il punto è: visto che non ci sono più né Francia né Spagna, che si può fare? L’art. 118 Cost. prevede che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa di cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Si tratta di una norma programmatica che risulta, sinora, sostanzialmente inattuata. Se vogliamo far qualcosa è necessario un atto di onestà intellettuale: chi ha responsabilità istituzionali deve smettere di promettere demagogiche riforme dei servizi pubblici e creare le condizioni affinché, ove questi ultimi siano inadeguati, si crei uno spazio per l’intervento dei cittadini. E’ di qualche giorno la notizia che un Istituto universitario è stato sanzionato per aver effettuato la pulizia degli spazi antistanti la struttura. Non so in base a quale norma sia stato multato, ma certamente è da queste follie burocratiche che occorre partire. Le battute concesse al Rubricante sono terminate. Ma tornando alla mia città, non posso dimenticare l’imminente Giubileo. Se gli operatori ecologici non sono sufficienti, si introducano incentivi perché gli abitanti curino le loro piazze e strade. Se non bastano i giardinieri, consentiamo ai tanti appassionati di curare gli spazi verdi. Sono misure minimali che non dovrebbero scontrarsi contro veti e lobby. Sono misure minimale che oltre a dare decoro alla città potrebbero riaccendere la speranza dei tanti cittadini che ancora amano quella che un tempo si chiamava la Città eterna. (Formiche 11/2015)
Diamoci da fare!
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