L’’economia circolare’ è in buona sostanza quella che applicava mia nonna, che, prima di buttare qualcosa, si chiedeva se veramente non potesse essere reimmessa, con una nuova vita, nel microsistema economico casalingo. Cosa sia veramente questo tipo di economia e quali siano le sue potenzialità di sviluppo è stato discusso nel corso del convegno ‘Monitoraggio e gestione innovativa delle risorse ambientali’, svoltosi il 27 ottobre a Milano e organizzato dal Consiglio nazionale delle ricerche, Regione Lombardia e Unioncamere.
L’Ocse stima che la domanda mondiale di energia e di acqua aumenteranno rispettivamente dell’80% e del 55% entro il 2050, mentre la Fao prevede, nello stesso periodo, una crescita del 60% della domanda alimentare. Il convegno ha posto quindi al centro della discussione il sistema di controllo e utilizzo virtuoso delle, sempre minori, risorse a nostra disposizione. Fortunatamente i sistemi di monitoraggio si stanno evolvendo, anche grazie alla disponibilità di sensori miniaturizzati e alla presenza di reti geo-referenziate globali. Le bioraffinerie contribuiranno a questo approccio intelligente nella gestione delle risorse, grazie alla trasformazione degli scarti colturali in energia e prodotti ad alto valore aggiunto come ad esempio proteine, additivi alimentari e materiali biodegradabili. Questi i temi affrontati nel corso del convegno, coordinato da Silvana Castelli dell’Istituto di biotecnologia e biologia agraria del Cnr di Milano e moderato da Mario Tozzi e Max Mizzau Perczel del Cnr.
“In un mondo affollato, affamato e assetato, occorre ottimizzare l’uso delle risorse e ridurre gli scarti” ha commentato Francesco Loreto, direttore del Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Cnr. “L’’economia circolare’ è ancora lontana, ma esistono soluzioni che migliorano la sostenibilità delle produzioni agro-forestali, grazie all’uso degli scarti e all’efficiente uso delle risorse”.
L’acqua è forse la prima risorsa da tenere sott’occhio. “L’attenzione va indirizzata alla gestione razionale delle risorse idriche nelle grandi aree metropolitane e all’individuazione di inquinanti che possono essere rimossi e valorizzati a fini energetici”, dicono Antonio Lopez e Maurizio Pettine dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr. “Il miglioramento dell’uso della rete irrigua, attraverso previsioni mediante modelli matematici sullo stato dei bacini fluviali, è una sfida importante per una regione industriale e agricola come quella lombarda”, ha aggiunto Claudio Gandolfi dell’Università di Agraria di Milano.
Secondo i dati presentati da Nicoletta Ravasio dell’Istituto di scienze e tecnologie molecolari del Cnr, vengono prodotti ogni anno (dati 2012-2013) circa 140mila tonnellate di scarti dalla lavorazione del pomodoro, dell’uva e della paglia. Scarti in alcuni casi anche dannosi per l’ambiente. “La paglia da riso è inquinante e poiché non si sa cosa farne, gli agricoltori la re-interrano”, dice Ravasio, “una pratica che genera 60 kg di metano per ogni tonnellata interrata”. “Tra le riflessioni emerse nel corso del convegno”, ha concluso il moderatore Mizzau Perczel, “esiste la consapevolezza che ognuno di noi può alimentare un’economia circolare virtuosa, partendo dalle piccole buone pratiche e azioni quotidiane”. Nonna docet.