Il riformismo di Amintore Fanfani è stato dal ‘46 ad oggi il più autentico e sostanziale tentativo di riformare il Paese. Esso ebbe certo in De Gasperi una levatrice benevola ma fu l’irruento aretino a determinare le condizioni di un cambiamento profondo nella storia sociale italiana.
Tre le caratteristiche generali sulle quali oggi ci soffermeremo che portarono a compiuta maturazione il riformismo fanfaniano.
La prima è la grande influenza spirituale che La Pira esercitò su Fanfani. La Pira fin dai primi anni della sua permanenza a Firenze nutre una particolare venerazione per la grande figura del Card. Dalla Costa e sarà da questi ampiamente ricambiato nella considerazione. Per lunghi periodi La Pira si reca dal cardinale ogni sera, consuma con lui cene frugali e scambia valutazioni su quanto accade nel mondo e nella Firenze del tempo, alternando queste valutazioni ad una sofferta lettura della Bibbia. Quando nel 1951 l’acuto Renato Branzi spiegò a De Gasperi e a Fanfani che l’unico modo di battere le sinistre a Firenze era quello di candidare Giorgio La Pira a sindaco di Firenze, La Pira rifiutò con tutte le sue forze. Ma la caparbia e generosa insistenza di Renato Branzi e la silenziosa spinta di don Facibeni alla fine fecero breccia nella sua armatura facendogli balenare la possibilità di fare del bene per la povera gente. Molte persone di valore accettarono di avventurarsi in quella amministrazione che con La Pira non fu ne ordinaria ne tranquilla ma sicuramente memorabile e messianica. Del resto la Firenze di allora era veramente unica: basti ricordare che nel salotto di don Bensi la sera dalle 6 alle 8 si riunivano a parlare le migliori energie della città e spesso nel dibattito spiccava l’acuta intelligenze di Calamandrei e di Momigliano.
La vicinanza di La Pira colpì molto Fanfani che nel frattempo aveva dato il meglio delle sue energie nell’appoggio al governo De Gasperi con i progetti di un vasto piano di sviluppo del Paese predisposto dai suoi amici “di Cronache Sociali ed imperniato: su una riforma agraria che trasformasse i contadini in proprietari agricoltori diretti; su una riforma fiscale con una imposizione progressiva sul reddito; sulla realizzazione di grandi infrastrutture autostradali per impiegare mano d’opera disoccupata e sviluppare la motorizzazione popolare e il trasporto di merci su gomma. L’attuazione di questi progetti – precisò Fanfani – era ormai condizione pregiudiziale per la permanenza al governo del gruppo di Cronache Sociali. Il piano fu approvato dopo tre mesi”. (cfr Ettore Bernabei – Sergio Lepri “Permesso, scusi, grazie” pag. 97 Rai ERI).
Si sviluppava nel frattempo feconda la capacità di Fanfani di anticipare la comprensione dei fenomeni sociali anche di decine di anni. Fanfani era rimasto enormemente colpito, nel primo newdeal di Roosevelt (1933-1937), dalla creazione della Tennessee Valley Autorità (TVA) che sfruttava il bacino del fiume Tennessee per costruire dighe e centrali idroelettriche. In una nota inviata il 10 aprile 1933 al Congresso, Roosevelt suggerì di creare questa azienda come “una corporazione pubblica, ma in possesso della flessibilità e dell’iniziativa tipiche di una impresa privata. Essa dovrebbe avere il più ampio dovere di pianificare l’uso corretto, la conservazione e lo sviluppo delle risorse naturali del bacino idrografico del fiume Tennessee e il suo territorio adiacente per il benessere sociale ed economico generale della Nazione”. La TVA permise a numerosi stati di ottenere energia elettrica a basso costo garantendo così un celere sviluppo economico e una migliore qualità della vita.
La terza caratteristica che oggi appare straordinaria del riformismo fanfaniano era la metodologia. L’uomo prima studiava il problema poi operava per la creazione di un progetto che appunto lo risolvesse ed infine, impetuosamente quasi, lo risolveva. Cinquant’anni di vita democratica ci dicono che purtroppo ci siamo trovati di fronte a molti studiosi, a molti che predisponevano progetti e a pochissimi che li realizzassero compiutamente. Per questo ogni ricerca storica farà gradualmente crescere l’importanza nella vita e nella crescita sociale del Paese del riformismo fanfaniano e del fanfanismo in generale.