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Cosa dice Bruxelles della crescita italiana

Le previsioni d’autunno della Commissione Europea confermano che il 2016 dovrebbe marcare il tanto atteso cambio di ritmo della crescita italiana.

Certo la ripresa – favorita da condizioni esterne favorevoli (prezzi dell’energia in calo, politica monetaria accomodante e deprezzamento dell’euro) rimane inferiore alle media europea, ma alla sua dinamica positiva concorrono varie componenti, compresa la domanda interna. L’aggiustamento fiscale viene confermato, con una stima del deficit per il 2015 (2,6% del Pil) identica a quella del Tesoro e un piccolo scostamento per il 2016 (2,3 rispetto a 2,2%).

Le ombre identificate dalla Commissione sono però numerose. Il Jobs Act va nella direzione giusta, dice Bruxelles, ma per assistere a un vero miglioramento del mercato del lavoro (più assunzioni e salari maggiori e non solo aumento delle ore lavorate) sarà necessaria una ben più consistente ripresa degli investimenti. E qui i segnali non sono univoci, malgrado sia incoraggiante vedere una maggiore domanda di credito. Soprattutto perché sulle riforme di struttura i progressi sono lenti e i guadagni di efficienza che ne deriverebbero – come più volte auspicato dall’Ocse, tra gli altri – sono ancora lontani.

C’è pure un po’ d’inflazione nel nostro futuro (addirittura 1,9% nel 2017, quasi in linea con l’obiettivo monetario della Bce, e questo è positivo per la finanza pubblica. Rimane nondimeno l’incognita delle clausole di salvaguardia e degli auspicati sconti sulla flessibilità. Senza dimenticare che, in attesa dell’aumento dei tassi americani, le economie emergenti danno manifesti segnali di rallentamento.


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