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Metalmeccanici, vi spiego le distanze tra Confindustria e sindacati

Una trattativa complessa. Questo è il minimo, e forse – per ora – anche il massimo che si possa dire sul negoziato per il contratto nazionale dei metalmeccanici che ha avuto oggi, a Roma, il suo incontro inaugurale. Tale complessità è determinata da diversi fattori, ma ce n’è uno che si impone, per importanza, su tutti. Si tratta del fattore costituito dall’assenza di un sistema di regole contrattuali condivise in cui il negoziato stesso possa incanalarsi.

Senza andare troppo indietro nel tempo, è la prima volta che ciò accade da più di vent’anni a questa parte. Il contratto del 1994, passato alla storia per essere stato realizzato senza che i sindacati dovessero proclamare una sola ora di sciopero, aveva alle spalle il famoso Protocollo del 23 luglio 1993. Ovvero un accordo che era stato firmato, appena un anno prima, da tutte e tre le maggiori confederazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil) con la Confindustria e col governo, guidato, allora, da Carlo Azeglio Ciampi (ministro del Lavoro, Gino Giugni).

Tale Protocollo ha fatto da cornice alle trattative contrattuali dei metalmeccanici, come di tutte le altre categorie, per una quindicina d’anni. Dopo di che fu sostituito da un nuovo accordo firmato, nel gennaio del 2009, da Cisl, Uil, Confindustria e Governo (il Berlusconi ter, ministro del Lavoro Maurizio Sacconi)). Questo secondo accordo, come è noto, non fu firmato dalla Cgil, guidata allora da Guglielmo Epifani, e ciò ha avuto indubbiamente delle conseguenze sulle più recenti vicende contrattuali dei metalmeccanici. Infatti, sia l’accordo del 2009 che quello del 2012 furono firmati solo da Fim, Uilm e Federmeccanica, senza la Fiom. Ora, a parte il fatto che accordi senza la Fiom furono definiti anche quando il Protocollo del 23 luglio era ancora in vigore, e cioè nel 2001 e nel 2003, l’aspetto più significativo della vicenda sta nel fatto che, comunque, tra il 2009 e il 2012 esistevano delle regole contrattuali condivise, almeno, da Fim-Cisl e Uilm-Uil con le associazioni datoriali di categoria aderenti a Confindustria: Federmeccanica e Assistal.

Adesso, se ci permettete una citazione poetica, “tutto questo non c’è più”, perché l’accordo del gennaio 2009 è scaduto senza essere stato ancora sostituito da un’altra intesa. Da questo punto di vista, non è un caso che il presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi, abbia sottolineato, parlando con i giornalisti nella sede della Confindustria al termine dell’incontro, che l’associazione datoriale non può attendere che le Confederazioni raggiungano un nuovo accordo sul sistema contrattuale. Ciò, aggiungiamo noi, anche perché un simile accordo non è neppure alle viste, dopo la rottura intervenuta nello scorso mese di ottobre. Da ciò deriva che Federmeccanica e Assistal, secondo Storchi in pieno accordo con Confindustria, hanno deciso di tentare comunque di fare il contratto dei metalmeccanici.

Coerentemente con quanto sin qui esposto, Federmeccanica – per bocca del direttore generale, Stefano Franchi – insiste da qualche tempo, ricorrendo a un gioco di parole, sull’idea che il negoziato oggi avviato debba puntare non solo e non tanto a fare il rinnovo del contratto, quanto a rinnovare il contratto. Il che significa che – in assenza di un sistema di regole condivise – il negoziato, secondo Federmeccanica, finisce per caricarsi di un duplice compito. Da un lato, deve definire un’intesa volta a normare i rapporti di lavoro, nella maggiore categoria dell’industria, per i prossimi anni. Dall’altro, deve ridefinire, dentro il contratto di categoria, le relazioni funzionali fra contrattazione nazionale e contrattazione aziendale.

Ora bisogna tenere presente che, a differenza di quanto accaduto nel 2009 e nel 2012 (in assenza della Fiom), e similmente a quanto accaduto nel 2003, il negoziato vede la presenza di due piattaforme sindacali. Da un lato, quella, condivisa, di Fim e Uilm; dall’altro, quella della Fiom. Ma, aldilà delle differenze ovviamente presenti fra queste due piattaforme, la vera distanza è quella che separa le rivendicazioni sindacali dall’impostazione di Federmeccanica.

Infatti, anche se con modalità diverse, sia Fim e Uilm, sia la Fiom, attribuiscono al contratto nazionale la funzione di distribuire degli aumenti salariali all’insieme dei lavoratori della categoria. Il presidente di Federmeccanica ha invece affermato che, per le organizzazioni datoriali, il contratto nazionale deve avere un ruolo “regolatorio, di tutela e di garanzia”. Laddove con “di garanzia” si intende dire che il contratto nazionale non deve erogare aumenti retributivi, ma fissa i minimi retributivi per i diversi livelli dell’inquadramento professionale dei metalmeccanici. Starà invece alla contrattazione aziendale redistribuire ai dipendenti di una data impresa quota parte della ricchezza prodotta. E ciò, peraltro, solo dopo che la produzione di tale ricchezza sia stata realizzata e accertata.

Insomma, fra l’impostazione delle associazioni datoriali e quelle dei sindacati si profila una distanza relativa alle funzioni dei diversi livelli negoziali, e quindi una distanza qualitativa. Ovvero una distanza che si presenta come più difficile da colmare di quelle che vi sono sempre state fra le richieste quantitative avanzate dai sindacati e le disponibilità, anch’esse quantitative, palesate dalle imprese.

Un’ultima osservazione. Il ritorno della Fiom al tavolo negoziale, fianco a fianco con Fim e Uilm, è stato salutato dal segretario generale di quest’ultima, Rocco Palombella, con un’intervista pubblicata su “L’Unità” di martedì 3 novembre. Intervista in cui Palombella ha affermato di essere disponibile a condividere una proposta di metodo della Fiom, ovvero quella di sottoporre un eventuale accordo anche al giudizio dei lavoratori non iscritti al sindacato. Una mossa con cui lo stesso Palombella sembra aver voluto ridare, alla sua organizzazione, quella posizione “terza” fra Fim e Fiom che fu propria della Uilm negli anni migliori della sua storia. Questa scelta potrà quindi rappresentare un altro elemento di complessità del negoziato oggi avviatosi. Ma è anche un elemento che può renderlo ancora più interessante di quanto già non sia.

Intanto si sa già che la prossima puntata della trattativa andrà in scena fra un mese. L’appuntamento è stato fissato per venerdì 4 dicembre, sempre nella palazzina posta all’angolo fra via Tupini e viale dell’Astronomia, nel quartiere romano dell’Eur.

Articolo tratto da Il Diario del lavoro

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