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Obituary per James Bond

Avvertenza: contiene spoiler parziale di “Spectre”

Lo scorso 5 novembre, è morto in un cinema di Londra il signor James Bond. Ufficiale della Marina Reale, il signor Bond aveva prestato servizio, nella II Guerra Mondiale, nell’unità di commando dello Special Boat Service. Al termine della guerra, il comandante Bond era passato a servire nell’MI6 (Military Intelligence Sezione 6) noto anche come SIS (Secret Intellingence Service).

L’agente 007 è rimasto ucciso sul colpo quando l’ultima Bond Girl ha pronunciato l’imperdonabile battuta “Sei un brav’uomo, James”. Per questo crimine, gli sceneggiatori della discutibile pellicola “Spectre” – John Logan, Neal Purvis, Robert Wade e Jez Butterworth -, saranno processati dalla Sezione Reati Cinematografici dell’Old Bailey. Il crimine è passibile della pena di morte professionale.

Nella sua lunga e immacolata carriera di eroe letterario e, soprattutto, cinematografico, il comandante Bond aveva riscosso uno straordinario successo grazie alla sua singolare caratteristica – rara nella storia del cinema – di essere eroe pur non essendo, neanche minimamente, un “brav’uomo”. Al contrario, pur essendo fedele al proprio dovere di ufficiale, alla Corona e all’Inghilterra, Bond doveva il proprio fascino al suo essere cinico, immorale, violento e capace di uccidere a sangue freddo.

Così venne ritratto dal suo biografo non ufficiale, il signor Ian Lancaster Fleming, di Palmyra, Bahamas – tenuta dove venne ambientata una delle sue migliori avventure: “Thunderball”. Fleming descrive Bond come uomo dedito al tabacco – si faceva confezionare sigarette da un Tobacconist di Bond Street – e all’alcol – un’infinita serie di Vodka Martini, “shakerato, non mescolato”. Elegante gentiluomo che si abbigliava in completi in pettinato di lana, tagliati su misura in  Savile Row e si distingueva per il sottile, talvolta feroce, umorismo, Bond fu infaticabile seduttore di un’infinita schiera di dark ladies. Il signor Bond apparteneva a una sezione dell’MI6 il cui compito era quello di risolvere, in tutto il mondo, in modo spiccio, con licenza d’uccidere, i casi più imbarazzanti per la Corona. Tutto ciò, nel riposante quadro della Guerra Fredda, un mondo compianto, in cui tutto aveva un senso.

Negli ultimi anni e connesse pellicole, la produzione ha assunto l’insensata risoluzione di stravolgere la figura del comandante Bond, forse in base a una sciocca intenzione di conciliare la figura di questo spregiudicato soldato con tempi, peraltro barbari, come gli attuali e conferirgli un’aura di improbabile rispettabilità e, soprattutto, ahinoi, di sofferente profondità e fragilità sentimentale del tutto impropria per un simile personaggio.

Ed ecco sorgere forzate connessioni, altamente improbabili, tra la vita personale di Bond e le sue missioni. Ancor più, nel caso di “Spectre”, una sorta di legame familiare tra lo stesso protagonista e il Supervillain, Ernst Stavro Blofeld, già antagonista del nostro in numerose, gradevolissime, avventure.

Ne risulta una piatta cupezza della trama, una noia invincibile per il malcapitato, ancorché affezionato, spettatore, un’imperdonabile assenza di spettacolarità e genuino, quanto legittimo, divertimento.

Tutto ci saremmo aspettati. Ma non di vedere Bond, James Bond, morire di noia. R.I.P. 007.

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