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Carron, Negri e le pulsioni in Comunione e liberazione

Forse il dolore più grande a monsignor Luigi Negri, più che la prima pagina del Fatto Quotidiano e la ridda di ricostruzioni giornalistiche, l’ha dato il comunicato di Comunione e Liberazione, quella che per decenni è stata la sua casa. Alberto Savorana (biografo tra l’altro di don Giussani) non ha usato mezze parole per dire quel che il movimento pensa a proposito delle presunte frasi che Negri avrebbe pronunciato sul Papa regnante e prontamente riprese dal giornale di Travaglio: “Speriamo che con Bergoglio la Madonna faccia il miracolo come ha fatto come aveva fatto con l’altro”. L’arcivescovo si dice pronto a querelare e chiede di essere ricevuto da Francesco (accadrà?), parla di strumentalizzazioni e di chiara prova dell’”odio teologico” verso la Chiesa.

IL TOSTO COMUNICATO DI CL

Ma il comunicato di Cl lascerà ferite profonde sull’uomo, che per lustri è stato il numero 2 di Giussani: “Riteniamo indispensabile precisare, a nome di Comunione e liberazione, che tali affermazioni così grossolane nella forma e inaccettabili nel contenuto che sembra impossibile provengano da un arcivescovo, sono totalmente contrarie ai sentimenti di Cl nei confronti di papa Francesco e degli arcivescovi di Bologna e di Palermo. Dal giorno della elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio – ha scritto Savorana – don Carrón non si stanca di indicare la testimonianza e il magistero di papa Francesco come fondamentali per l’esperienza e il cammino di Cl, che desidera seguirlo affettivamente ed effettivamente in ogni suo gesto e parola. Don Giussani ci ha sempre insegnato che l’amore e l’obbedienza al Papa sono condizioni decisive per un battezzato, se non vuole finire prigioniero delle proprie interpretazioni e dei propri pensieri”. Infine, la chiosa più dura: “Qualora l’arcivescovo di Ferrara avesse pronunziato tali affermazioni, sarebbero unicamente espressione della sua personale opinione e non certo di Cl, nella quale mons. Negri non riveste alcun ruolo di responsabilità dal 2005”.

LA LINEA DI CARRON

E’ vero, da dieci anni Negri non ricopre alcun ruolo nel movimento e da tempo ormai è in rotta di collisione con la guida impersonata da Carrón, considerato “troppo a sinistra” – ma anche Giussani mandava le sue riflessioni a Repubblica, senza che nessuno fiatasse – e, da ultimo, sulla linea di Bergoglio. Non si capisce però cosa dovrebbe fare un responsabile di movimento fedele alla Chiesa di Roma se non cercare di mettere in pratica gli insegnamenti del Pontefice, che dopotutto (a parere dei cattolici) è il vicario di Cristo in Terra.

LA FRONDA E I FRONDISTI

Negri, comunque, non è isolato. Una fronda c’è, un certo sommovimento contrario a Carrón è visibile, ma di sicuro rappresenta una minoranza, checché si parli di défaillance di antichi sostenitori e abbandoni in serie. C’è Tempi di Luigi Amicone che ha una posizione più marcatamente “di destra” rispetto alla linea ufficiale, poi ci sono le schegge “impazzite” come Antonio Socci che non le mandano a dire né sul conto del Papa né di Julián Carrón. Ma la piazza di San Pietro, quella mattina dello scorso marzo, era piena come raramente s’era visto in questi ultimi tre anni, per l’incontro del Pontefice con il movimento. E gli applausi convinti – prima e dopo l’udienza – erano chiari.

NON SOLO COMUNIONE E LIBERAZIONE

Ridurre a una resistenza ciellina i (tanti) mal di pancia nei confronti del Papa argentino è quantomeno fuorviante, secondo diversi osservatori anche di ambienti ciellini. Le resistenze ci sono in Cl come in altri movimenti (basti pensare al caos suscitato dalle parole del fondatore dei Neocatecumenali, Kiko Argüello, alla manifestazione pro famiglia dello scorso giugno), ma il vero problema semmai sono i distinguo – sotterranei – delle gerarchie episcopali riguardo al nuovo corso.

I MUGUGNI TRA I VESCOVI

Non devono ingannare i tanti applausi (finti come una tintura di capelli nero corvini su un novantenne) che si sono uditi a Firenze mentre il Papa sferzava i vescovi italiani chiedendo loro esplicitamente di ribaltare un ventennio di pratiche e strategie pastorali. Applaudivano sì, ma sotto sotto mugugnavano (per non dire di peggio). E’ lì che la rivoluzione stenta a farsi largo. Ma il Pontefice lo sa bene, e non a caso sta mandando parroci a occupare cattedre che prima seguivano un iter sempre uguale a se stesso, quasi che le diocesi fossero una fantozziana azienda con piani sempre più alti e scrivanie sempre più pregiate. Ed è possibile, qualcuno già lo dice, che anche la cattedra di Negri non sia più così salda, benché gli resti solo un paio d’anni prima del pensionamento canonico. Si vedrà, ma conoscendo i precedenti e l’essere gesuita (e quindi militare) di Francesco, il pugno duro non è affatto da escludere.

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