Per sedurre i giovani esclusi gli jihadisti fanno leva sulla dignità umana
(da SIR, http://agensir.it/europa/2015/11/24/per-sedurre-i-giovani-esclusi-gli-jihadisti-fanno-leva-sulla-dignita-umana/, 24 novembre 2011)
La lotta al terrorismo islamico passa, all’interno dei confini europei, attraverso la via maestra del dialogo delle culture e delle religioni. Una prospettiva lungo la quale la nostra società può ritrovare nel magistero sociale un contributo straordinario sul fronte della ricerca di una libertà aperta alla verità sull’uomo, sulla riscoperta del fondamento trascendente della dignità umana e una risorsa da cui attingere per riaffermare nei cuori del popolo europeo virtù come la semplicità, la povertà, l’umiltà, la carità, che rappresentano l’atteggiamento essenziale per il rispetto di tale dignità.
Quelli di Parigi sono stati attacchi alle nostre certezze, al nostro stile di vita, alle nostre regole di convivenza ma, soprattutto, un inqualificabile affronto alla dignità umana. Essa rappresenta l’essenza stessa della cultura occidentale: affonda nella fede cristiana le sue radici e, nello stesso tempo, rinvia ad un concetto secolare. Una formula inclusiva che coinvolge tutti gli uomini ponendoli tutti sullo stesso piano (credenti e non credenti) e che, nello stesso tempo, costituisce un limite invalicabile nei rapporti tra gli uomini e tra questi e qualsiasi forma di potere e di dominio. Il rispetto dell’essere umano, nella sua unicità e individualità, e valori come la libertà e l’uguaglianza, trovano il proprio nucleo essenziale nel rispetto della dignità umana, sia quale conseguenza dell’essere l’uomo a immagine e somiglianza di Dio sia, quale conseguenza dell’essere l’uomo in costante e dinamica relazione con altri uomini, cui consegue il reciproco riconoscimento che sta alla base dei nostri ordinamenti giuridici.
Il terrorismo islamico si presenta come un fenomeno complesso, il cui sviluppo è imputabile a diversi fattori spesso in contraddizione tra loro. Semplificando però, l’odio di cui si nutre il fondamentalismo islamico nei confronti dell’occidente appare il rovescio della medaglia dell’orgoglio per una cultura che è stata attaccata dall’industrialismo occidentale e da tutto quello che esso comporta e, nello stesso tempo però, della stessa incapacità delle nostre istituzioni di favorire l’inclusione sociale e una vera integrazione in campo economico, sociale e politico.
I caratteri disumanizzanti presenti nella cultura occidente, rintracciabili tanto nell’egoismo quanto nell’idolatria del denaro e del potere come strumento di dominio dell’uomo sull’uomo, rappresentano le cause strutturali delle molte forme di esclusione e di povertà della nostra società e, nello stesso tempo, una fonte di odio che si traduce in forme di estremismo che, nelle periferie delle nostre città, in alcuni casi riesce a fornire una risposta al malessere sociale e identitario di molti giovani europei.
A tale conclusione ci induce proprio la riflessione del sociologo iraniano Farhad Khosrokhavar che, in un articolo pubblicato dal quotidiano francese Le Monde, ha evidenziato come in Europa esista “un esercito di riserva di jihadisti formato dai giovani declassati delle città o dei quartieri popolari” i quali si “identificano nel jihadismo più per ragioni identitarie e sociali che religiose, e l’islam diventa per loro il simbolo di una resistenza perché nessuna ideologia è più in grado di offrirgli un supporto emotivo e la sicurezza del sacro”.
Lo strumento antropologico che fa da collante a questo esercito è “l’odio per la società, sacralizzato nella formula onnicomprensiva del jihad, stravolto e privo ormai di qualsiasi contenuto religioso in senso stretto”, che si esprime “in una volontà di punire che è la rivincita dei giovani declassati, convinti che la società vorrebbe disumanizzarli confinandoli nei ghetti e negando qualsiasi dignità di cittadini”.
Per questi giovani il fondamentalismo (così come qualsiasi estremismo) si presenta come una risposta (sbagliata) ad un bisogno, che è proprio di ogni uomo, di affermare la propria dignità al di là del proprio potenziale economico o condizione sociale e che, come tale, può interessare chiunque. Ciò significa che, paradossalmente, la stessa dignità umana che riteniamo oltraggiata dagli attacchi di Parigi rappresenta, in realtà, la medesima leva attraverso cui il fondamentalismo seduce gli esclusi della nostra società.
In questo aspetto sta tutta la complessità del problema, la cui soluzione richiede (anche) un profondo ripensamento delle nostre istituzioni e del nostro approccio alla laicità. La dignità umana – quale attributo che spetta all’uomo in quanto uomo e che prescinde da eventuali meriti conquistati in campo economico, sociale e politico – rappresenta la prospettiva più idonea per affrontare il tema secondo un approccio che, superando la logica dello scontro, favorisca il dialogo delle culture riscoprendo la forza di una ragione capace di ampliare i propri orizzonti, ritrovando nell’umanesimo cristiano le risorse spirituali, intellettuali e morali per ricercare un terreno condiviso su cui fondare i nostri impegni sul fronte della tolleranza, della democrazia, della civiltà e dei diritti umani.